Inattese Metamorfosi

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 Inattese Metamorfosi

 

 

con

Illustrazioni di

Ylenia Dolfi

 

Inaspettate farfalle

 

Psichiatria e psicologia, fin dalle origini, hanno intessuto con la letteratura legami fitti e fruttuosi. Le scienze della psiche hanno infatti avuto un impatto notevole oltre che sulla società civile anche nello specifico letterario, rivoluzionando i canoni estetici e tematici degli scrittori in particolar modo agli albori del secolo breve.
A ben vedere il tema della follia è infatti un file rouge che attraversa l’intera storia della letteratura fin da Dante: si pensi al celeberrimo “folle volo” oltre le colonne d’Ercole dell’Ulisse del canto XXVI dell’Inferno o alla follia dell’Orlando furioso, il cui senno dev’essere recuperato da Astolfo sulla luna, quasi una metafora della prima psicoterapia ante-litteram, fino al celebre e sempre attuale Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.
Nonostante i numerosi precedenti è però nei primi del ’900 che il tema del disagio mentale esplode rivoluzionando al contempo anche i canoni estetici fino ad allora vigenti. Con Pirandello scopriamo che ormai Il treno ha fischiato e la follia si annida dietro la maschera dell’uomo moderno, con l’Ulisse di Joyce il flusso di coscienza diventa una modalità narrativa capace di distruggere persino la punteggiatura, per arrivare alle nevrosi raccontate da Italo Svevo, che, con La coscienza di Zeno, già nel titolo preannuncia la psicanalisi come tema centrale del romanzo. Poi nella seconda metà del ’900 con la caduta delle dittature e la ventata democratica, secondo una nuova logica inclusiva, si afferma il principio dell’integrazione del malato psichico nella società arrivando a comprendere, per dirla con Orwell, che “un pazzo non è che una minoranza costituita da una sola persona”. Di lì alla Legge Basaglia il passo è breve. E, nell’epoca della rivoluzione informatica, la voce di un altro premio Nobel, Dario Fo, chiude il millennio doppiando il celebre spot della Apple computer intitolato Think different, spiegando al nuovo homo digitalis che “solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero”.
I rapporti tra queste discipline non sono stati però a senso unico. La letteratura dal canto suo ha fornito strumenti fondamentali per comprendere la mente umana, che si struttura e si cerca di curare proprio attraverso la narrazione. La letteratura ha difatti fornito e continua a fornire exempla fondamentali delle più profonde pulsioni dell’anima cristallizzate in celebri archetipi letterari. Si pensi in primis alla mitologia, che costituisce la base di tutti i principali complessi (di Edipo, di Giocasta, di Elettra, etc. etc.) indagati dagli psicoterapeuti.
Allo stesso tempo le scienze della psiche hanno fornito nuovi strumenti e metodologie d’analisi dei testi letterari stimolando la critica letteraria in chiave psicanalitica e dunque favorendo percorsi ermeneutici nuovi legati all’inconscio e alle pulsioni più profonde dell’animo.
In questo mare magnum di rapporti si inseriscono le Inaspettate metamorfosi di Donato Favale, una raccolta di favole scritte in un’epoca, quella della pandemia di Coronavirus, che ha messo a dura prova la stabilità psichica del mondo intero.
Psichiatra, ma anche appassionato di letterature classiche e moderne, Favale si affaccia alla scrittura creativa con un’antologia di racconti avvincente e di facile lettura e racconta con la leggerezza di un novello Fedro piccole storie col tono adatto al mondo stile infantile, ma il cui spessore psicologico emerge evidente. Dietro l’infantile giocosità di ogni favola Favale racconta infatti pulsioni, ossessioni, moti dell’animo dell’uomo postmoderno, messo ancora più in crisi dall’inferno del lockdown. Con i suoi racconti indaga, dietro una patina apparentemente spensierata, quella zona grigia della coscienza e dell’animo umano che spesso sfocia nel male di vivere. Lo stile favolistico infantile e leggero predilige frasi corte e paratattiche adatte ad una lettura rapida, senza perdere in profondità, per coinvolgere il lettore di oggi sempre più distratto dal multitasking tecnologico, ancora più pervasivo nell’epoca della Dad.
Con la leggerezza, alla quale Calvino dedicò una delle sue esemplari Lezioni americane, e con la delicatezza di una farfalla, di una psyché, come si poteva chiamare in greco, con lo stesso nome dell’anima, Favale accompagna il lettore tra storie fantastiche che, come spiega il titolo, hanno nella metamorfosi la chiave narrativa che le accomuna.

Esemplare è il primo racconto: C’era una volta il virus regale. Scritto per primo e già pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno il 6 aprile 2020, nel corso della prima ondata pandemica, narra di un fantastico viaggio in bus di un gruppo internazionale di scimmiette che si sposta da Londra verso la Cina per curare il coronavirus. Dopo una serie di allegre peripezie sanitarie durate vari anni, il viaggio termina dove era iniziato, a Londra, come un classico nostos. Lì le scimmiette ricreano un Arcobaleno di farfalle, di psychai appunto. Esse assumono coralmente il significato di una catarsi, sanitaria ma soprattutto psicologica, agognata da tutto il mondo già nel 2020. La scelta programmatica di inserirlo per primo, ne fa quasi una dichiarazione di poetica. La vita è presentata come viaggio di speranza per curare un grande male (simbolizzato dal Coronavirus) che porta ad attraversare tutti insieme in un allegro bus tutta l’Europa e il mondo. Il viaggio, vissuto con straordinaria gioia da parte di scimmie sempre allegre e pimpanti, si svolge tra numerose tappe curative e sanitarie per scimmie che, nonostante il male e i pericoli che le affliggono, riescono a non perdere il sorriso grazie anche alle figure professionali che le assistono. Accompagnate significativamente anche da uno psichiatra e una pediatra oltre che da un domatore, i primati riescono a trasformare la loro odissea in una scampagnata europea, alla fine della quale si guarisce e si può affrontare la vita con nuovo slancio.
Già questo primo racconto, come i successivi, ha come principio di fondo la metamorfosi, la mutazione di forme. La metamorfosi è un tema ovidiano di straordinaria attualità, che anticipa e traduce nella scrittura il potenziale dei linguaggi audiovisivi esplosi nella società dell’immagine contemporanea. Ma la metamorfosi è anche il fine della psicoterapia. Il dialogo ha come obiettivo un cambiamento che progressivamente porti verso la guarigione dalle nevrosi. Donato Favale ama i miti classici, ma in questa raccolta ha scelto di raccontare “miti d’oggi”, per citare Roland Barthes, nei quali i protagonisti sono personaggi semplici e quotidiani, che il lettore incontra nella vita di tutti i giorni come un nonno, un maestro, un meccanico, una domestica.
Questi miti ci ricordano che in fondo dietro le nevrosi che spesso viviamo ancora oggi si nasconde la mitizzazione di figure presunte perfette, delle quali non cogliamo i limiti, immancabili e fisiologici, e da cui non riusciamo a liberarci. Secondo la tradizione classica dei grandi favolisti, Esopo e Fedro, Favale predilige come personaggi animali esotici, scimmie, leoni, dromedari e fenicotteri. Il messaggio è che in ogni piccolo eroe c’è un animale archetipico, nel quale a volte effettivamente poi si trasforma. La forma animale è esito della metamorfosi e ciò sottolinea la valenza simbolica e metaforica.
Le metamorfosi narrate da Donato Favale sono emblematicamente “inattese” come spesso, in psicoterapia, le trasformazioni dei pazienti e come la vita stessa, obbligata spesso a imboccare percorsi imprevisti. Anzi proprio la chiusura verso l’insondabile e la presunzione ossessiva di ponderare l’imponderabile è oggi una delle cause più frequenti di disagio psicologico. La resilienza, tanto in voga oggi, è proprio una forma di apertura all’inatteso e alla capacità di metamorfosi di fronte ai possibili contraccolpi della vita. La capacità di fare epochè e di accettare senza pregiudizi il fluire della vita è una prima forma di sollievo dell’animo. E questo è forse l’insegnamento più generale che tutte le favole di questa raccolta propongono. D’altronde, benché manchi il classico ho logos deloi, l’interpretazione si presenta spontanea e facilmente accessibile a tutti, specie attraverso un approccio psicologico e sociologico.
Dal punto di vista formale tutti i racconti sono accomunati dal modulo “C’era una volta” utilizzato come titolo nel primo racconto e incipit di tutti gli altri che si presentano come “favolette per i più piccoli”, alla maniera di Gianni Rodari, raccontate da un classico narratore omnisciente di impostazione quasi ottocentesca. Il “C’era una volta” richiama dunque un’altra cruciale tradizione, quella delle piccole favole per bambini che ancora oggi popolano l’immaginario collettivo, spesso nella loro edulcorata versione disneyana.
Anche le favole classiche d’altronde costituivano una guida pratica e psicologica per bambini e fornivano attraverso le proppiane funzioni e i personaggi tipo, un manuale di condotta aiutando a elaborare paure, pulsioni e a strutturare mondi e percorsi di vita.
Le sorridenti favole di Favale, meno tormentate di quelle della tradizione, costituiscono più che una guida, come nel passato, degli exempla che offrono una risposta ai più gravi problemi della modernità e dell’epoca del coronavirus: solitudine, distanziamento sociale tra persone e tra generazioni, paura, nostalgia accompagnata da speranza. Scorrendo le pagine, è facile ritrovare personaggi che richiamano questioni attuali.
Dopo C’era una volta il virus regale il volumetto prosegue con un racconto sulla didattica. In epoca di didattica a distanza, la DAD, e di numerose e spesso sterili polemiche sulla scuola Il maestro e le stelle propone una metafora di quella che dovrebbe essere l’essenza dell’educatore, indipendentemente dall’ambiente di apprendimento: una guida spirituale capace di accendere una passione, capace di andare oltre la limitatezza umana sia fisica che spirituale. D’altronde come affermava Montaigne “Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco” o, come ricordava ancora prima Dante, “piccola favilla gran fiamma seconda”. Dopo la morte, il maestro protagonista si trasforma in una stella per i suoi alunni, come nel mito della chioma di Berenice. Basterà recitare il leopardiano Canto di un pastore errante per l’Asia perché gli alunni vedano una stella apparire e scomparire in diverse parti del cielo.
Il meccanico dal cuore d’oro è il primo racconto in cui la metamorfosi è da uomo ad animale, zoomorfizzazione. Il protagonista è un meccanico dalle capacità tecniche quasi magiche. Al suo tocco il motore delle auto riparte e gli pneumatici si rigonfiano come se si trattasse di un essere vivente. Nella narrazione Favale recupera dunque un altro topos classico, l’automatos bios, la personificazione degli oggetti, in questo caso mezzi di trasporto, come la mitica nave Argo dotata di voce, come le ancelle-robot di Efesto. Nella metamorfosi finale il meccanico assume le sembianze di un fenicottero in grado ergersi in volo e riparare le auto ovunque vi fosse un problema tecnico riuscendo così ad aiutare gli automobilisti in difficoltà. Un messaggio di speranza per il lettore che ha vissuto il lockdown e il blocco dei mezzi di trasporto pubblico e che ha riscoperto nell’auto il mezzo più sicuro per i pochi spostamenti consentiti.
La raccolta prosegue con due racconti sulla forza dei legami familiari oltre la morte, una sorta di consolatio dopo i tragici mesi in cui i media hanno abituato al tragico rito del bollettino quotidiano dei morti per covid. Il tenero rapporto tra nonno e un nipote è al centro del racconto Il nonno e il nipote, i cui protagonisti sono due categorie rimaste distanziate durante tutta la pandemia. Il loro tenero legame non viene spezzato dalla scomparsa dell’anziano, ma, come nel caso de Il maestro e le stelle, prosegue seguendo una scia luminosa in questo caso non delle stelle ma delle lucciole che segnalano al bambino il cammino verso casa.
Ne Il Vecchio, la primula, il fiore scelto come simbolo della campagna vaccinale, diventa anche il simbolo della vita dopo la morte. Donate da un padre che ringiovaniva o invecchiava a seconda dello stato d’animo della figlia, germogliano o appassiscono quando accade qualcosa di bello o di brutto ricordando al lettore che la vita può riprendere sempre e comunque, persino dopo una terribile pandemia.
La povertà, altra eterna piaga dell’umanità aggravata dall’emergenza sanitaria, è il tema di Nonna Irene, favola ambientata nella stazione di Foggia che richiama il mondo delle periferie di Pasolini e Celine. La protagonista è una clochard, Nonna Irene appunto. Il suo gruppo di amici, Karen, la zingara che compie magie e prevede il futuro, Daiana, la prostituta romena, Joseph il ragazzo di colore che ruba per sopravvivere e Joseph il ragazzo psicotico sono un trio raccontato con delicatezza poetica. Dopo la morte, l’epifania di un piccione con tre piccioncini trasforma il luogo dove la nonna sostava in un centro di gentilezza. Chiunque passa di lì deve compiere un atto di gentilezza.
Il dromedario e il cammello ruota invece intorno al tema dell’amicizia e della diversità. Nel corso del loro viaggio il cammelliere rimprovera il cammello di non essere come il dromedario e viceversa. Ciononostante, i due animali vivono una grande amicizia finché si trasformano in un’oasi salvifica.
Spesso si legge sui media che le vittime più segnate dalla pandemia sono i bambini, ai quali è negata la socialità e il confronto con i pari oltre che con i parenti. La domestica equina ha come tema la solitudine di un bambino che ha come importante figura di riferimento una domestica da cui dovrà distaccarsi. La donna è la caregiver a cui il bambino si affeziona ma di cui dovrà fare a meno una volta cresciuto. Rimarrà come eterea presenza che guarderà attraverso la finestra. 

modernità e dell’epoca del coronavirus: solitudine, distanziamento sociale tra persone e tra generazioni, paura, nostalgia accompagnata da speranza. Scorrendo le pagine, è facile ritrovare personaggi che richiamano questioni attuali.
Dopo C’era una volta il virus regale il volumetto prosegue con un racconto sulla didattica. In epoca di didattica a distanza, la DAD, e di numerose e spesso sterili polemiche sulla scuola Il maestro e le stelle propone una metafora di quella che dovrebbe essere l’essenza dell’educatore, indipendentemente dall’ambiente di apprendimento: una guida spirituale capace di accendere una passione, capace di andare oltre la limitatezza umana sia fisica che spirituale. D’altronde come affermava Montaigne “Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco” o, come ricordava ancora prima Dante, “piccola favilla gran fiamma seconda”. Dopo la morte, il maestro protagonista si trasforma in una stella per i suoi alunni, come nel mito della chioma di Berenice. Basterà recitare il leopardiano Canto di un pastore errante per l’Asia perché gli alunni vedano una stella apparire e scomparire in diverse parti del cielo.
Il meccanico dal cuore d’oro è il primo racconto in cui la metamorfosi è da uomo ad animale, zoomorfizzazione. Il protagonista è un meccanico dalle capacità tecniche quasi magiche. Al suo tocco il motore delle auto riparte e gli pneumatici si rigonfiano come se si trattasse di un essere vivente. Nella narrazione Favale recupera dunque un altro topos classico, l’automatos bios, la personificazione degli oggetti, in questo caso mezzi di trasporto, come la mitica nave Argo dotata di voce, come le ancelle-robot di Efesto. Nella metamorfosi finale il meccanico assume le sembianze di un fenicottero in grado ergersi in volo e riparare le auto ovunque vi fosse un problema tecnico riuscendo così ad aiutare gli automobilisti in difficoltà. Un messaggio di speranza per il lettore che ha vissuto il lockdown e il blocco dei mezzi di trasporto pubblico e che ha riscoperto nell’auto il mezzo più sicuro per i pochi spostamenti consentiti.
La raccolta prosegue con due racconti sulla forza dei legami familiari oltre la morte, una sorta di consolatio dopo i tragici mesi in cui i media hanno abituato al tragico rito del bollettino quotidiano dei morti per covid. Il tenero rapporto tra nonno e un nipote è al centro del racconto Il nonno e il nipote, i cui protagonisti sono due categorie rimaste distanziate durante tutta la pandemia. Il loro tenero legame non viene spezzato dalla scomparsa dell’anziano, ma, come nel caso de Il maestro e le stelle, prosegue seguendo una scia luminosa in questo caso non delle stelle ma delle lucciole che segnalano al bambino il cammino verso casa.
Ne Il Vecchio, la primula, il fiore scelto come simbolo della campagna vaccinale, diventa anche il simbolo della vita dopo la morte. Donate da un padre che ringiovaniva o invecchiava a seconda dello stato d’animo della figlia, germogliano o appassiscono quando accade qualcosa di bello o di brutto ricordando al lettore che la vita può riprendere sempre e comunque, persino dopo una terribile pandemia.
La povertà, altra eterna piaga dell’umanità aggravata dall’emergenza sanitaria, è il tema di Nonna Irene, favola ambientata nella stazione di Foggia che richiama il mondo delle periferie di Pasolini e Celine. La protagonista è una clochard, Nonna Irene appunto. Il suo gruppo di amici, Karen, la zingara che compie magie e prevede il futuro, Daiana, la prostituta romena, Joseph il ragazzo di colore che ruba per sopravvivere e Joseph il ragazzo psicotico sono un trio raccontato con delicatezza poetica. Dopo la morte, l’epifania di un piccione con tre piccioncini trasforma il luogo dove la nonna sostava in un centro di gentilezza. Chiunque passa di lì deve compiere un atto di gentilezza.
Il dromedario e il cammello ruota invece intorno al tema dell’amicizia e della diversità. Nel corso del loro viaggio il cammelliere rimprovera il cammello di non essere come il dromedario e viceversa. Ciononostante, i due animali vivono una grande amicizia finché si trasformano in un’oasi salvifica.
Spesso si legge sui media che le vittime più segnate dalla pandemia sono i bambini, ai quali è negata la socialità e il confronto con i pari oltre che con i parenti. La domestica equina ha come tema la solitudine di un bambino che ha come importante figura di riferimento una domestica da cui dovrà distaccarsi. La donna è la caregiver a cui il bambino si affeziona ma di cui dovrà fare a meno una volta cresciuto. Rimarrà come eterea presenza che guarderà attraverso la finestra.

  Quelle di Favale sono in maggior parte piccole favole per piccoli, anche se sono più utili ai grandi, facendoli tornare bambini. Non mancano tuttavia anche alcune specifiche per adulti come Melinda e la raccolta delle mele, inserita non a caso proprio in posizione centrale, in speciale evidenza. In questa favola l’eros, ostacolato e spesso proibito nell’era del virus, pervade quasi ogni riga ma sempre con briosa leggerezza. La protagonista ricorda le figure oniriche che Fellini disegnò nel fantasioso Libro dei sogni, dietro consiglio del suo psicanalista, lo psichiatra jungiano Ernst Bernhard.
Melinda è una contessa molto prosperosa e incanta tutti con il suo seno enorme. Ha una cugina non solo prosperosa come lei ma anche con lunghi capezzoli che si trasformano in un frustino, un curioso esempio di teratologia fantastica. Come nelle classiche favole, il principe di Oxford e quello di Canterbury si contendono l’amore di Melinda. Ma alla fine la sfida viene vinta a sorpresa dal figlio di un ciabattino che riesce con i suoi topolini a spremere arance. Melinda si concede a lui ma continua a denudarsi dietro la tenda del soggiorno per il resto della sua vita.
Il tema intrigante del doppio occupa la seconda ed ultima sezione del libro. Ne La fissità e la mutevolezza due fratelli dal carattere antitetico, dopo essersi insultati tra loro, si trasformano nel loro principio naturale: uno in una quercia, secondo un modello mitico che risale a Dafne, l’altro in un ruscello, come il mitico Pattolo.
L’usignolo di Dio è una favola intrisa di religiosità popolare. Il protagonista è un giornalaio di Polignano che cerca di donare felicità ai bambini e che finisce per trasformarsi in fiori per la sua amata e in un usignolo che fa visita al papa. La favola richiama le immagini, ormai entrate nella storia, della messa del papa in una piazza San Pietro vuota illuminata dalla luce delle nubi in cerca di una risposta dal crocifisso bagnato dalle lacrime del cielo. 

Nel Sirenottolo protagonisti sono ancora due fratelli gemelli, un pittore che risiede vicino al mare e un poeta che abita in montagna. Quest’ultimo sogna di trasformarsi in un sirenottolo e, grazie alla magica arte pittorica del fratello, ci riesce. La vicenda del poeta che realizza il suo desiderio di trasformarsi nell’animale mitologico metà pesce metà uomo celebra l’alterità, la diversità e la fratellanza tra le arti oltre al loro potere magico. La favola rappresenta dunque un modernissimo ribaltamento della celebre Sirenetta di Andersen, la cui protagonista era una sirena che anela di prendere le sembianze di una donna per poter coronare il suo sogno d’amore con il suo principe.

In Up e down la coppia è costituita invece da due amici, Gianni ed Eubaldo, legati da un forte rapporto ma anche in questo caso antitetici nel corpo e nel carattere. Uno è altissimo e irrequieto, l’altro bassissimo e tranquillo. La loro ricerca di un particolare olio abbronzante in Africa richiama il tanto citato, ma non ancora raggiunto, ritorno alla normalità. I due personaggi, dai caratteri opposti, sono una sorta di visconte dimezzato, metafora delle complesse emozioni che abbiamo vissuto, sempre altalenanti e dicotomiche ma accomunate da una continua ricerca di un’isola felice sfuggente quanto una fenice. Dopo essere stati dichiarati dispersi in mare in seguito ad un viaggio in Africa, anche loro subiscono una metamorfosi: la trasformazione in una statua che regala abbronzatura a chiunque la tocchi, una sorta di nuova fontana della giovinezza nell’epoca degli appelli a restare a casa.
L’ultimo racconto, La tunica che unisce i popoli, lascia al lettore un messaggio finale di speranza, quello di una ragazza che girando il mondo in bici predica la pace fino a quando per sedare una lite tra persone di varia provenienza si strappa le vesti trasformandosi in una colomba della pace. Dal suo ramoscello nasce la nuova facoltà di Scienze della pace, un corso effettivamente attivo presso l’Università di Pisa. Un invito a costruire una nuova pax augustea sorretta dalla scienza e dall’intelligenza dell’uomo che non potrà che risorgere dalle ceneri della pandemia.
In conclusione un piccolo, grazioso libellus, un esempio di favola-terapia per il benessere delle “farfalle”.

 Delio De Martino
Scheda bibliografica
Autore Donato Favale
Titolo

Inattese Metamorfosi

Editore Primaedizione
Prezzo 10.00 €
data pub.

14 febbraio 2023

ISBN 9791280315410
In vendita presso:
Disponibile presso la Libreria Emmaus di Conversano
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