vicenda di Giuseppe Di Vagno è stata ricordata nelle pubblicazioni della "Fondazione Giuseppe Di Vagno (1889-1921)" con ampia raccolta degli scritti sull'argomento. Ma punti oscuri a 86 anni dal delitto meritano qualche riflessione di non poco conto. É stato un delitto di pretta marca fascista? É stato odio locale fomentato dalle cricche amministrative conversanesi scalzate dal Di Vagno? O c'è dell'altro? La storia dell'on. Di Vagno maturata a Conversano nel 1921, trovò tragico epilogo il 24 settembre 1921 a Mola di Bari quando in un agguato fu fatto segno a pistolettate sparategli alle spalle da giovani studenti fascisti conversanesi. Tra atroci sofferenze il deputato trentaduenne mori il giorno successivo. Dal processo svoltosi a Trani nel marzo dell'anno seguente emergono testimonianze della moglie e della madre della vittima (fol, 176, I e fol, 177, I» che denunciano una serie di insulti e minacce pesanti specie da parte di elementi del Fascio locale. L'amico della vittima, Vincenzo Panaro (fol, 127, I e fol. 203, I), rivelando che anch'egli, dagli stessi, è stato minacciato di morte perché ritenuto colpevole del clima di violenze nello sciopero dei socialisti del 25 febbraio e dei due morti (un socialista ed un fascista) la sera del 30 maggio dopo il comizio dell'on. Di Vagno. Ignoto l'uccisore del fascista mentre il socialista, dopo energica bastonatura, fu finito quand'era a terra con una pistolettata a bruciapelo da fascista conversanese, nell'agguato perpetrato da una squadra di cerignolani al soldo del famigerato Giuseppe Caradonna detto il "pistolero", all'uopo chiamata dai camerati conversanesi. Gli avvocati Francesco Tanzarella di parte civile (fol. 332,I) e Paolo Tria (fol. 335, I) amici di Di Vagno escludono tassativamente la matrice fascista: è stato odio fomentato dalle cricche amministrative defraudate del potere a Conversano. E la parte civile nei panni del prof. Enrico Ferri e avv. Giovanni Porzio, socialisti, si spinge ancor oltre. Non solo esclude categoricamente la matrice fascista ma sostiene addirittura che i suoi avversari «si sarebbero improvvisati socialisti se Di Vagno fosse stato fascista.» In tutta la pubblicistica non emerge alcun ruolo della Curia. Ma scavando nei testi di insospettabili qualche scottante verità viene fuori. L'avv. Vincenzo Roppo, storico, Sovrintendente ai monumenti, nel suo libro Nel Risorgimento del Mezzogiorno (1931) tira in ballo senza mezzi termini la Curia e segnatamente il vescovo Domenico Lancellotti. Ascoltiamo questo attendibile testimone, molto vicino alla Curia, mai sconfessato. A pagina 261 si legge: «Durante l'ora nefasta delle "giornate rosse conversanesi" (1919-1921) il "Vescovato di Conversano" divenne rocca antesignana della rivoluzione fascista, e ciò ad opera del vescovo Lancellotti». Il vescovado di Conversano dieci anni dopo il vile delitto veniva così insignito solennemente sul campo del titolo di "rocca antesignana della rivoluzione fascista negli anni 1919-1921 ". Ossia dalla fondazione dei Fasci di Combattimento all'assassinio di Di Vagno. Tanto per intenderci. E, come se non bastasse, continua alle pagg. 292, 293: «E quella fu l'ora redentrice del Fascismo!... A Mola di Bari "Un manipolo di audaci studenti conversanesi" […] menò strage (sett. 1921) dell'On. Giuseppe Di Vagno […]- uno degli idoli accarezzato dalle "folle bolsceviche" di luttuosa ricordanza! ... […] E non pochi suoi figli patirono galere - come risulta da clamorosi processi penali della Corte d'Assise di Bari - rei d'aver tutto osato per rompere la metallica ed oppressiva cerchia metallica (sic) in cui Conversano era stata rinchiusa dall'On. Giuseppe Di Vagno e dai divagnisti!» Episodi che evidenziano una partecipazione e un interesse della curia emergono in modo palese e suffragano l'encomio solenne del Roppo.
- Lo scampanio di disturbo reiterato in occasione dei comizi di Di Vagno, peraltro riportato proprio dal presidente della Fondazione.
- L'impedimento della celebrazione delle messe attuato dai socialisti in occasione dello sciopero generale da essi indetto a Conversano il 25 febbraio 1921 (assente da Conversano il Di Vagno).
- L'esiguo numero dì voti riportati da Giuseppe Di Vagno nelle elezioni del 15 maggio 1921 (22 a fronte di 75.000 nel collegio).
- Il maestoso funerale, del 28 settembre 1921, non ha avuto celebrazione religiosa. E così tutte le ricorrenze successive.
C'è lo zampino del Vescovo nella vicenda? Roppo dice di sì, anzi che fu determinante. Questi è una voce autorevole che ha al suo attivo numerose pubblicazioni di carattere storico, molto ben informato e presente sulla curia vescovile durante "Le giornate rosse conversanesi", come si evince dal suo libro. Non risulta che la Curia abbia preso le distanze da questa esaltazione della violenza omicida fascista. Per avere notizie sul vescovo sarebbe stato opportuno consultare l'Archivio diocesano di Conversano. A noi è stato risposto che la documentazione inerente il prelato è ancora da riordinare e inventariare. Soccorre il canonico Giuseppe Bolognini che nella Storia di Conversano (1935) nel capitolo sui vescovi di Conversano alla voce mons. Domenico Lancellotti riporta che ha retto il Vescovado dal 1918 al 1930 e lo liquida in poche righe nei seguenti illuminanti termini (pag. 228): «Morì senza lasciare di sé... alcuna eredità d'affetti!» E prosegue (è l'unico su 62 vescovi di cui parla poco ma... tanto male): «Poiché le sue ceneri sono ancora calde (dopo ben 5 anni!) e le passioni di parte non sono del tutto svanite, così ci dispensiamo per ora dallo scrivere di lui, memori dell'antica massima (Dionisio Catone): Nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum!» E così i dubbi sulla condotta del vescovo mons. Domenico Lancellotti si aggravano. Cosa avrà fatto di tanto nefasto? Sembra chiaro: Giuseppe Bolognini si esime dal parlarne perché non poteva permettersi, in piena Era Fascista, un giudizio di biasimo sull'operato del Vescovo nella penosa vicenda di Giuseppe Di Vagno. Illuminante la frase «Le passioni di parte non sono del tutto svanite». É la conferma, in chiave diversa, di quanto asserito dall'amico Roppo che pur godeva di grosso prestigio sia in campo culturale che curiale. E ne prende le distanze. Il dubbio prende i contorni della certezza. Il canonico Giuseppe Bolognini è l'unico della Curia che, nella tragica vicenda di Giuseppe Di Vagno, ne esce bene. Tace ma lo fa con molto coraggio sia civile che di... congrega. I documenti della cattedrale che all'epoca dei fatti era chiusa al culto sono carenti. Ci dovrebbero essere quelli della chiesa di San Francesco ove si era trasferito il Capitolo fino al 1928, dopo l'incendio della Cattedrale del 1911. Nell'Archivio della cattedrale vi è un "Regesta", diario delle attività del Capitolo, curato da mons. Luigi Gallo con un vuoto sugli anni in questione. Sarebbe ora che la Curia di Conversano, dopo ben 88 anni, aprisse gli archivi riguardanti il periodo dal 1919 in poi per far luce su comportamenti e responsabilità storiche non solo locali.
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