Relazione della Ribellione di Sabato Pastore
in Foggia nell'anno 1648   2°E.
vuoto

Prefazione

  
relazione  

   La rivoluzione di Masaniello, a Foggia, ebbe due fasi. Col moto del luglio 1647, noi ci troviamo di fronte a un movimento essenzialmente popolare, spontaneo, improvviso: la causa fu la schioppettata di un soldato. Ma per quanto impreparato, non possiamo e non dobbiamo negare che un fermento già c’era, qualche cosa di vago correva per l’aria; gli animi erano eccitati, non si aspettava che il momento, l’occasione. 

  E infatti pervenivano notizie della capitale in tumulto, notizie che non potevano lasciar nell’indifferenza i foggiani, che avevano delle buone ragioni per non essere contenti del governo vicereale, nei suoi rappresentanti e ufficiali della Regia Dogana. Sicché un complotto covava, ci si teneva pronti per insorgere alla minima occasione e far man bassa di tutto. I facinorosi, quei che avrebbero pescato nel torbido, non dovevano mancare; questi attizzavano il fuoco, tenevano sempre desta la fiamma. I vantaggi per costoro potevano essere enormi: esempio poco edificante offrivano già molte città.
  I tumulti e le sommosse degli anni precedenti, non avevano dato il destro ai tumultuanti e ai caporioni di impossessarsi della pubblica amministrazione. Si sperava trovar tesori nelle casse della Regia Dogana; le fosse erano piene di frumento, i proprietari, a cui imporre taglie, in buon numero. Sicché tutto era visto di oro, in Foggia; occorreva un tumulto di larga portata. Per l’innanzi le cose si erano alla meglio accomodate; si era ricorso all’interposizione di preti e frati che numerosi e autorevoli erano a Foggia.
  Ma con questi ripieghi, con questi mezzi termini, col cercare di far vedere che l’abbondanza vi era, non si riusciva che a ritardare l’evento, non ad evitare il disastro, che sarebbe certamente venuto dal momento che, neppure nella capitale, si era riuscito a mettere le cose a posto. Sembrava però che l’avvenimento del luglio dovesse essere definitivo per i dimostranti, per il gran numero di gente che si era radunata minacciosa, dinanzi al palazzo della Regia Dogana. Eppure questa volta il popolo si accontentò di poco, lasciò correre ancora l’acqua torbida per il suo verso, impaurito per di più dalla soppressione dei due capi più temuti.
  Riteniamo però che le cose non erano giunte a maturazione o mancava l’animatore vero del movimento, quei che avesse saputo infondere forza ed energia. Quando questi venne, tutto procedette a gonfie vele per i facinorosi e i ribaldi: si ebbero così i fatti del gennaio 1648. Non vogliamo con ciò presentare il Pastore come l’eroe degno di essere additato all’ammirazione dei posteri. Tutt’altro. Non ne aveva le qualità e il suo operato sta tutto contro di lui a testimoniare che fu un degenerato, un perverso della stessa risma, e forse con una dose maggiore, dei suoi accoliti. Da semplice impiegato, col suo losco saper fare, riuscì ad arrogarsi il titolo di Doganiere e ad avere tutto nelle mani.
  Il Pastore e i suoi seguaci, però, non erano i soli interessati. Il popolo si mosse, è vero, nell’illusione di pronti e immediati benefizi; ma quando s’accorse di essere uno strumento cieco nelle mani di pochi, quando gli sperati benefizi non vennero, si mantenne nella indifferenza, passò poi all’opposizione acclamando da ultimo i vecchi tirannelli. Certo che il Pastore non sarebbe riuscito ad aver ragione della forza, se non avesse avuto la collaborazione e la partecipazione della massa.
  Ma un’altra classe prese parte attiva in quel tumulto: quanti avevano delle locazioni. Si sapeva bene che un brusco cambiamento avrebbe prodotta per conseguenza una confusione enorme nella Regia Dogana; e anche se il movimento avesse avuto una breve durata, come infatti avvenne, l’intento dei locatari era doppiamente riuscito, in quanto, il ritorno all’antico, avrebbe generato una nuova confusione. Ora gli avvenimenti davano bene a sperare, e questi signori non erano pochi.
  Fatta da ultimo la somma degli avvenimenti, sebbene di essi abbiamo visto in azione solo alcuni personaggi e i moventi principali, si vede chiaro che ad essi erano interessati i caporioni nel loro esponente massimo, il Pastore, e una categoria di cittadini, mentre il popolo, a benefizio del quale s’intendeva appunto portare notevoli innovazioni nelle pubbliche amministrazioni, secondò i moti, ma rimase ingannato e deluso. Infine, fu un bene o un male? Alla rivoluzione, nella sua importanza generale, alcuni hanno voluto assegnarvi un indirizzo che precorre i tempi. Limitando le considerazioni su quanto avvenne in Foggia e in Capitanata, il moto non fu che una breve parentesi che fece deviare, per poco tempo, il regolare procedere delle cose. Gli inconvenienti che si avevano a deplorare, ogni sorta di irregolarità che vigeva, tutto quel tirare innanzi caotico, alla rinfusa, continuò per molto tempo ancora, senza che le autorità riuscissero a porvi un freno, o per lo meno a limitare gli abusi.

L'Autore
Scheda bibliografica
vuoto
Autore Oronzo Marangelli 
a cura di Luigi P.Marangelli
Titolo Relazione della Ribellione di Sabato Pastore in Foggia nell'anno 1648
Editore Edizioni Parnaso - Foggia
Prezzo € 10,00
data pub. febbraio 2012
In vendita presso:
www.editriceparnaso.it 
E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
vuoto

Mostra posizione