un uomo ìn rivolta
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Prefazione Maria Ausilia Croce
  
Diario anno 2002 - 2003

Quando ho ricevuto la lettera di Camillo in cui mi informava che "democraticamente" aveva deciso di affidare a me la prefazione di questo suo libro, ho rischiato l'apnea: ma come, con le molte persone che conosce, più qualificate ed esperte di me, con gli illustri nomi che hanno firmato le prefazioni dei suoi precedenti libri, io cosa c'entro? Poi ho incominciato a pensare che, a modo nostro, cioè scoppiettante, pur non essendoci mai incontrati nè visti se non in foto, la nostra amicizia vive da anni ed il suo punto d'incontro è il "pianeta sla". Questo libro è l'ennesimo viaggio all'interno di quel pianeta, su un pullman da gran turismo che ne allarga il panorama e ne fa emergere gli ostacoli comuni a noi viaggiatori. 
Il titolo che ha voluto dare al libro è lui: Camillo. Da tutta la nostra corrispondenza, sviluppata nel tempo, l'immagine che io ho di lui è esattamente quella di "un uomo in rivolta": è l'icona di tutti noi, suoi compagni in un percorso di quotidiana difficoltà; lui sa razionalizzare questa rivolta, la rabbia che noi ci portiamo dentro e che troppo spesso ci distrugge, lui l'ha buttata fuori facendo sentire, a chi fingeva di non vedere, che "la malattia che non c'è" è reale e non toglie la dignità nè la vitalità dell'ammalato: di questo noi non possiamo che essergli profondamente grati!
Di questa rabbia - che obbligatoriamente travestiamo di pazienza, perchè è proprio con essa che dialoghiamo silenziosamente giorno e notte - Camillo ha messo in luce un aspetto di cui, forse, nemmeno chi si prende cura di noi è consapevole: il mio pensiero va al "naso contro la clavicola di chi ti sta sollevando", uno di quei gesti ripetuti più volte nella giornata che, alla fine, va pure inserito nel programma della quotidianità; alla "mosca beffarda...", alle mille cose banali di una banalissima giornata, che ti ricordano costantemente che tu devi avere pazienza, e non c'è alternativa. 
Molto spesso mi sono domandata il senso della nostra corrispondenza, che peraltro occupa una fetta non indifferente della prima parte di questo libro, le nostre continue contrapposizioni, questo attaccarsi in modo pungente, ironico ma anche spietato, la caparbietà di non darsi mai per vinti e ricominciare. La risposta è molto semplice: è il senso di questa nostra vita, è la volontà di non dimenticare, nè far dimenticare; lottare vuol dire vivere, e noi come ogni essere umano siamo vivi... fino all'ultimo respiro. 
Continuando il percorso della corrispondenza mi sono resa conto che Camillo, intenzionalmente, ha fatto un gran lavoro di collegamento tra ammalati e familiari, una sorta d'amicizia allargata, costruendo un dialogo tra persone con esperienze diverse, che vivono in luoghi diversi, con emozioni, progetti e prospettive diverse, legate da un comune filo conduttore che non impedisce di spaziare tra arte, letteratura, storia, politica, turismo. Insomma un ritrovarsi insieme e, naturalmente, anche tirare fuori tematiche dure, che ti obbligano a fare i conti con te stesso e con la tua vita, com'è successo con l'eutanasia, che ha mosso sentimenti profondi e diversi. 
Devo riconoscere che sono rimasta molto colpita dalla storia di quella giovane coppia che ha deciso di affrontare il matrimonio, pur sapendo che difficile percorso ha davanti a sè. Ho capito quanto sono tenaci i legami con le persone che ci vivono accanto, nonostante le limitazioni che la malattia impone anche a loro, e quanti "grazie" sentiamo il bisogno dì dire guardandoli negli occhi: sono loro la forza del nostro istinto vitale. 
C'è poi nel libro quella che può essere definita la parte più tecnica, quella "dell'avvocato" che si batte con tutte le sue energie, non lascia spazio ai "burosauri", non molla fino a quando ha una risposta, sollecitando politici, stampa, mezzi di comunicazione, conoscenze personali, mettendo a nudo le molte inefficienze; Camillo fa testo per tutti noi, le sue battaglie sono messe al nostro servizio e, anche quando lui si sente sconfitto, non è mai una resa, ma uno spunto per ripartire. 
Nel leggere le moltissime amichevoli consulenze che gli vengono richieste, i consigli ed i suggerimenti che lui dispensa con affetto e meticolosità, si può cogliere l'atteggiamento dello stratega, di colui che vuole sapere per valutare tutte le possibili opzioni e fare le scelte più appropriate, una sorta di fredda determinazione che gli permette di fronteggiare "la bestia" allontanando con tenacia l'attacco finale. Purtroppo, spesso ci si lascia trascinare dallo sconforto, dalle mille paure per un futuro che, in ogni caso, nessuno ha garantito, spostando nel tempo le decisioni che potrebbero, in qualche modo, aiutarci a vivere con meno sofferenza: questa è la sua scuola! 
In linea generale, emerge anche un difficile rapporto con la classe medica; sicuramente ci sono situazioni di superficialità, incompetenza, inettitudine e incomunicabilità come in ogni ambito delle relazioni umane, ma gioca anche molto il fatto di trovarsi di fronte ad una malattia che non apre spiragli, che si manifesta in mille modi diversi e anche subdoli, e che ha percorsi strettamente individuali; di conseguenza è possibile che tra chi "deve comunicare" e chi "deve ricevere" la sentenza si crei una tensione che non aiuta la comunicazione, l'impatto diventa insopportabile dall'una e dall'altra parte, siamo tutte persone con mille limiti e mille fragilità più o meno apparenti, nessuno accetta la parola "incurabile", sicuramente non l'ammalato ma nemmeno il medico, che ha scelto di curare e si sente impotente. 
Diverso è il discorso della burocrazia che è veramente pesante e dura da piegare, dove ogni disposizione può avere un'accezione letterale o interpretativa secondo il funzionario del momento, dell'impostazione programmatica del servizio ecc. ecc., insomma da Bolzano a Condotti ogni ammalato affronta situazioni e trattamenti, o non trattamenti, diversificati pur avendo la stessa patologia, però si chiama autonomia delle regioni. 
Ritengo doveroso, infine, esprimere un grazie alla signora Maria, colei che Camillo definisce "di algida bellezza", che lo affianca in tutte le sue battaglie, che interagisce in tutte le sue avventure, funge da tramite nelle molte conversazioni telefoniche e, soprattutto, è la presenza quotidiana che si snoda nel tempo, e tutti noi sappiamo bene quanto sono importanti i nostri compagni di viaggio. 
A tutti coloro che leggeranno il libro, ma particolarmente a Camillo, questo specialissimo "clinicamente fidanzato", vorrei dire che non è poi determinante essere "diavolo" o "acqua santa", ma è fondamentale non arrendersi mai.

Maria Ausilia Croce

 

Scheda bibliografica
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Autore Camillo Colapinto
Titolo un uomo ìn rivolta
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo s.p.i.
data pub. ottobre 2004
In vendita presso:
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