En Attendant... (Diario degli anni 1998 e 1999)
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Prefazione di Gabriele Mora
  
Aspettando...

Ho conosciuto Camillo Colapinto nel `95, e la cosa mi sorprende vivendo nell'impressione di una conoscenza più antica. Ricordo benissimo l'occasione: era un'assemblea dell'AISLA. Mi colpirono i suoi occhi vivaci, indagatori. In un uditorio piuttosto silenzioso e depresso cominciò a chiedere precisazioni e suggerire possibili iniziative. Ero meravigliato della sua competenza e decisione. Al termine, incuriosito, cercai il dialogo. Appresi che era avvocato; vedendolo gesticolare e muoversi parlando lucidamente di argomenti piuttosto tragici, pensai fosse il parente di qualche paziente, finché non glielo chiesi direttamente. "Sono un malato di SLA", mi rispose con un sorriso crudo. Solo allora notai una leggera zoppia ad una gamba. Ci rimasi male.
Il biglietto da visita di quel primo incontro rappresenta bene quella che è stata l'evoluzione successiva del nostro rapporto. Con la mia collega Letizia Mazzini sono impegnato da anni a mettere a frutto gli insegnamenti appresi dal dr. Norris a San Francisco nell'organizzazione di un'équipe multidisciplinare che ha come scopo principale quello di instaurare un rapporto quanto più possibile corretto e completo con i malati, rendendoli partecipi della propria condizione, offrendo nel contempo le più avanzate metodiche di trattamento. Il compito più arduo rimane senz'altro quello di informare pazienti e familiari, affrontando per gradi le tappe più critiche del decorso della malattia. Con Camillo non ce n'é stato bisogno. Era già forte delle informazioni ricevute qualche volta con mala grazia, delle competenze accumulate e animato da grande pragmatismo. Per cui ha subito preteso un rapporto basato su una franchezza totale, persino imbarazzante, ponendo domande dirette cui esigeva risposte altrettanto dirette. Come logica conseguenza ne è seguito un comportamento da paziente esemplare perché i miei suggerimenti - ahimè quasi sempre sgradevoli perché finiscono col segnare i gradi di peggioramento della malattia - sono stati eseguiti tempestivamente con prussiana meticolosità. Devo dire con orgoglio che giorno per giorno mi sono guadagnato così la sua fiducia.
Nel corso di questi anni, trovandoci a lottare per una causa comune, seppure da versanti differenti, la nostra relazione è divenuta però qualcosa di più del semplice rapporto medico-paziente. Abbiamo finito col gioire insieme (poco) quando si sono aperti spiragli promettenti e soffrire insieme per le sconfitte, soprattutto le più amare, quelle imposte da una burocrazia crudele. Ho via via imparato a conoscere ed apprezzare le sue doti umane, legate a tanti ricordi personali: la sua intelligenza, l'ironia, la cordialità. 0 il suo spirito, come quando apprestandomi ai periodici viaggi "meditativi" in India, mi dice: "Fossi in te andrei in Brasile...". Impossibile anche dimenticare le favolose burrate mangiate a casa sua.
Ho iniziato dicendo "Ho conosciuto...". Avrei meglio dovuto dire che lui ha conosciuto noi. Colapinto é entrato come un ciclone nel derelitto pianeta SLA, che in Italia versava in condizioni anche peggiori che in altri Paesi europei. In poche battute ha inquadrato i limiti della classe medica, l'assenza del Servizio Sanitario, gli intoppi della burocrazia, la mancanza di collegamenti fra i pazienti, la poca visibilità dell'Associazione, la latitanza dei media, in sintesi la generale ignoranza sulla malattia, per poi aprire un fronte a 360 gradi. Ha allacciato rapporti, anche a livello internazionale, con ricercatori, giornalisti, politici, pazienti, chiunque potesse essere utile alla sua causa, non per interesse personale - anche se con fatica e dispendio di denaro aveva già trovato per sé il modo di ottenere tutti i farmaci in corso di sperimentazione e periodici controlli a Marsiglia - ma per cercare di garantire il riconoscimento dello status di malati e un trattamento equo per tutti quelli come lui. Con le sue competenze di avvocato e con spirito combattivo si è tuffato in una nuova attività: ha organizzato congressi diretti a medici e pazienti, ha stimolato stampa e televisione, scritto libri, pungolato le strutture sanitarie regionali e nazionali, ha provato a raccogliere i neurologi più interessati della zona per fondare un centro di assistenza e il registro regionale dei casi pugliesi, ha promosso interrogazioni parlamentari, contattato scienziati, sbugiardato ministri, denunciando le mancanze e scagliandosi contro chi mostrava indifferenza o ignoranza. Ma soprattutto non ha fatto mancare consigli e incoraggiamenti ai tanti malati che l'hanno cercato. Il suo esempio rappresenta un punto di riferimento e un conforto per molti di loro, in tutto il Paese. Chi non l'ha contattato personalmente ha almeno letto i suoi libri. Ed io lo verifico quotidianamente, non passando giorno senza che qualcuno mi citi "quell'avvocato di Bari" (il suo non è un cognome facile da ricordare). Così ora tutti lo conoscono, tanti lo ammirano, alcuni potenti lo temono.
Questa instancabile attività è testimoniata nei libri che ha scritto. "Opera esemplare e commovente" l'ha definita il prof. Serratrice. E, insieme, una lucida descrizione della progressione dei disturbi causati dalla malattia, la sclerosi laterale amiotrofica, "malattia vomitata sugli uomini direttamente dall'inferno, con il placet indifferente del buon Dio".
Anche il suo terzo libro é carico di tutte le doti che avevano caratterizzato i precedenti. Dentro c'é intatto il suo spirito coraggioso, caparbio, ironico, tagliente; ci sono le recenti battaglie portate avanti nonostante la grande fatica a comunicare. Vi si trovano anche i momenti di crisi del desiderio vitale, quando avverte che la malattia gli domina l'esistenza, dettandone i limiti e i tempi. E momenti di rabbia: egli vorrebbe che gli altri, soprattutto gli amici, capissero che l'immobilità non ha cambiato la sua identità. Ci sono spunti comici - ho riso leggendo le sue vicende lavorative con le "pie donne" di Conversano - e tragicomici: i suoi sogni sul cibo mi hanno rimandato agli affamati personaggi dei gramelot di Dario Fo. Commovente invece leggere il componimento del figlio Andrea, che testimonia, oltre alla particolare sensibilità, quanto questa malattia finisca per coinvolgere tutti i componenti della famiglia. Nel suo libro ho trovato anche ricordi d'infanzia che ho condiviso, come la "folgorazione" per il ciclismo nel segno di Coppi. Mio padre, fanatico coppiano, mi portò nel ‘57 ad assistere al Trofeo Baracchi. Fu l'ultimo vinto da Coppi (in coppia con Baldini): ricordo la lunga attesa e l'urlo della folla che si spense quando era già un punto lontano. La mia folgorazione per il ciclismo però si é limitata a una grande ammirazione. Non mi sono mai sognato di emulare le terribili fatiche dei ciclisti, come invece ha fatto Colapinto scalando tutte le salite più impervie d'Italia.
"Aspettando..." è il titolo del libro. Colapinto ci lascia la libertà di scegliere cosa. Io per lui e per tutti i malati come lui scelgo: giustizia e dignità. Sapere di poter contare su una completa e corretta informazione, tutte le cure più aggiornate, il supporto sanitario competente per le proprie necessità. Avere riconosciuti i propri diritti. Giustizia e dignità, quindi. Quel che turba di più i malati é il veder soccombere le loro aspettative ed esigenze. Non é la morte di per sé, é il morire giorno per giorno fra indifferenza, ignoranza e incompetenza. Da patriota giacobino quale si sente, Colapinto si è sempre ribellato a questa agonia per sé e per i compagni di sventura, buttando in faccia il proprio disprezzo a tutti quelli, e sono tanti, che vivono nell'ignavia.
"Questo è l'ultimo libro", ci dice. Io mi auguro di no, perchè in questi anni con i suoi libri e le sue battaglie egli ha fatto la differenza nella vita di molti malati, e la "malattia che non c'è" ora c'é un poco di più.
Dicono sia un errore per un medico instaurare un rapporto di amicizia con i propri pazienti, specie con quelli affetti da malattie come la sua. Al diavolo! Perché negarsi il piacere di una sua telefonata che mi raggiunge al lavoro, in spiaggia, o negli angoli più disparati del mondo. E allora Camillo scrivi, telefona, fatti vivo appena puoi... Abbiamo tutti tanto bisogno di te.
E poiché l'uomo é solo una parte di una coppia, il mio pensiero va all'altra metà. Tutto quello che ha fatto, tranne le scalate in bici dei passi dolomitici, Camillo l'ha fatto insieme a Maria, e sarebbe stato impensabile senza di lei.

 

Veruno, 11 febbraio 2000
Gabriele Mora

 

Scheda bibliografica
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Autore Camillo Colapinto
Titolo En Attendant... (Diario degli anni 1998 e 1999)
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo s.p.i.
data pub. maggio 2000
In vendita presso:
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