Frammenti

Noicàttaro fotografato da Gianni Tedesco

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Prefazione
  
frammenti

La memoria non fa un film,
la memoria fotografa
Milan Kundera


Non si può negare che la fotografia, come la musica, la pittura, la poesia sia arte.

 

La stessa parola composta da due fonemi, fotografia, significa appunto “scrivere con la luce”. Cogliendo le luci e le ombre favorevoli, il fotografo esprime il suo mondo interiore, il contatto profondo e misterioso della sua anima con la realtà che lo circonda.

 

Fotografare, infatti, non vuol dire solo riprodurre immagini, ma captare l’essenza della vita, provandone un’intima emozione, e cercare di fissarla, perché rimanga nel tempo, appunto, come le cose preziose dell’Arte e della Storia.

 

Il musicista, il pittore, il poeta e il fotografo usano canali e tecniche diverse per comunicare i propri personali sentimenti, che scaturiscono da un lungo travaglio della psiche, da un tormentoso indagare ed interpretare i valori dell’essere. Ecco perché non si dovrebbe chiamare fotografo chi, in maniera del tutto estemporanea e senza commozione, ritrae, cliccando, panorami e persone. Il consumismo moderno ha investito anche la fotografia; la tecnologia avanzata ne ha fatto un bene di largo uso, assolutamente precario; omologato all’usa e getta o meglio cancella. Le future generazioni, forse, saranno poco supportate dalle testimonianze fotografiche, perché le immagini da telefonino non nascono per rimanere negli album di famiglia a raccontare il passato, non sono il prodotto di un complesso lavoro di precisione ed impegno, ma il risultato labile del tempo di un “click!”


Da quando, il 19 agosto del 1839, il Governo francese annunciò la scoperta del dagherrotipo, l’antenato capostipite della fotografia, la Storia ebbe una sua documentazione più esplicativa di ogni parola, mentre l’Arte si arricchiva di una categoria inedita.

 

La premessa mi è sembrata inevitabile, nel momento in cui ho deciso di commemorare Gianni Tedesco. Egli fu davvero fotografo. Basterebbe guardare la collezione che riproduce la “settimana santa” nel nostro paese per comprendere quanto egli s’immedesimi nelle pratiche religiose, come riesca ad interpretare i significati ancestrali del popolo penitente dinanzi al sacrificio della Croce.

 

Si sofferma da artista su particolari irrilevanti e pure eloquenti, drammaticamente veri e trasmette il pathos di certe tradizioni all’apparenza anacronistiche, ma inspiegabilmente vive e pulsanti nel tessuto sociale. La sua non è professionalità manieristica, ché, se dal padre apprese come maneggiare una macchina fotografica, non seguì una vera e propria scuola.

 

D’altra parte, la tecnica può essere insegnata, non la sensibilità artistica che è una dote naturale. Gianni cominciò la sua splendida carriera con suo padre, che era un ragazzo. A poco a poco i tempi, comunque cambiarono, superati i fondali con le scene paesaggistiche per i ritratti da studio. Era tramontata l’epoca del trespolo coperto dal drappo scuro e dei lampi al magne-sio.

 

Gianni Tedesco in un ambiente rinnovato non solo per l’aggiornata attrezzatura tecnica, ma per l’elegante location per decenni fu l’aedo del nostro ambiente paesano. Raccontò l’Amore e la Fede nel connubio indissolubile che si crea davanti all’altare col Battesimo, la Prima Comunione, col Matrimonio. Elemento indispensabile nelle cerimonie di nozze la sua macchina fotografica e la cinepresa. Egli si fa regista dei cortometrag-gi, in cui cambiano gl’interpreti e le scene, ma la trama della storia è sem-pre quella di due cuori innamorati. Come è possibile dimenticare Gianni che meravigliosamente ha riportato uno dei momenti più significativi della propria esistenza? 

 

La sua arte è presente in tante case e le viene riservato un posto d’onore, quello dei ricordi, in cui aleggia la giovinezza e la cara fisionomia di tan-ti che purtroppo non ci sono più. Poter raccogliere tutti questi capolavori per leggere gli usi, i costumi di un’epoca che ormai va tramontando, per comprendere come eravamo. Quanto è diversa, ad esempio, nel volgere di pochi anni la moda.

 

Una volta c’era la levatrice in cappello piumato con il bimbo nel “portanfante” tutto pizzi e ricami; ecco poi i comunicandi con un inedito saio; certo le spose vestono quasi tutte di bianco, ma l’abito dal decolté vertiginoso ha perso la compostezza verginale del passato ed i testimoni hanno soppiantato la fatidica coppia dei compari d’anello. Gianni ha documentato la metamor-fosi e, senza saperlo, si è fatto storico.


Abbiamo parlato di Gianni Tedesco e del suo lavoro, ma non abbiamo detto tutto: chi lo conobbe non può che definirlo “l’uomo del sorriso”. S’imponeva alla stima, all’amicizia senza lunghi, unutili discorsi, ma con la disponibilità dell’indole pacata, sincera. Come me, che pure non lo frequentavo più assiduamente da parecchio, sono tanti quelli che avverto-no di aver perduto con lui un sicuro punto di riferimento. Se n’è andato quasi in punta di piedi, così come aveva vissuto. Ma, forse, è stato pro-prio questo il prezioso carisma della sua personalità: essere, non apparire.

 

Rita Tagarelli

Scheda bibliografica
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Autore Anna Maria De Marzo - Mimmo Di Donna - Pietro Pellegrino
Titolo FRAMMENTI-Noicàttaro fotografato da Gianni Tedesco
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. agosto 2023
In vendita presso:
L.U.T.E. di Noicattaro
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