Un romanzo incentrato sul lutto che colpisce una coppia di genitori: i loro due figli muoiono insieme in un incidente.
Nell’inventario di quel che resta dopo che la foresta bruci Michele Ruol parte dagli oggetti: quelli dei due ragazzi, ma anche altri, presenti in casa o fuori casa.
Dagli oggetti ai sentimenti che ispirano: Ruol ci mostra Padre e Madre che si aggirano nei luoghi familiari alle prese con il loro dolore.
La narrazione procede per frammenti, abbracciando un arco temporale piuttosto vasto: c’è il passato di una famiglia come tante, ci sono i momenti di contrasto tra Madre e Maggiore e Minore che non brillano nello studio, ci sono le cose che Padre fa insieme ai figli, poi c’è il dopo in cui ognuno dei due protagonisti barcolla per conto proprio.
Il crollo più duro lo sperimenta Padre, che non riesce più a lavorare e chiude il suo studio.
Molto lentamente dove era terra bruciata, qualcosa rinasce: Ruol racconta in modo magistrale anche questo, la capacità di Padre e Madre di trovare insieme un modo di stare al mondo dopo la tragedia che li ha colpiti.
Nella storia di Madre e di Padre ci sono degli avvenimenti che determinano un prima e un dopo.
La nascita di Maggiore e poi quella di Minore, ad esempio, o l’incidente che li coinvolge, ma anche episodi apparentemente marginali dirottano le loro esistenze, come le nostre: delle mani che si sfiorano per caso e poi si trattengono appena più del dovuto, o l’apertura casuale di una chat altrui. In questo esordio luminoso e contundente, Michele Ruol ci conduce nell’intimità dei suoi personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti della casa in cui abitavano, riuscendo a farci continuamente ricredere sull’idea che ci siamo fatti su ciascuno di loro – e forse anche su quella che abbiamo di noi stessi.
Vincitore 31ª edizione premio Giuseppe Berto. Vincitore 9ª edizione premio Fondazione Megamark.
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