«Ogni racconto parla di bambini o di una somma di bambini. Il mio diario è un’annotare nell’annotare. Un racconto nei racconti che all’improvviso vengono a sedersi tra i miei pensieri e non se ne vanno finché non li scrivo».
Eccola l’immagine più emblematica che l’autrice ci consegna: racconta della genesi di questi scritti, della loro articolazione, dei loro (veri) protagonisti cui lei presta la voce e la penna. Uno strepitoso stream of consciouness questo di Raffaella Leone (non a caso manca un Indice), che tratteggia a tutto tondo la professione nel mondo della scuola oggi. Il suo è un singolare “Racconto dei racconti” di basileana memoria: ma qui l’immaginazione è dei bambini oltre che dell’autrice, generati da quei “cieli bambini”[1] che Raffaella conosce bene; e la incomprensibilità (a tratti ferocia gratuita) è quella di alcuni atteggiamenti e di molte situazioni familiari che pur a toccarle con mano non le crederesti vere.
Tra timori, difficoltà, disagi, incomprensioni, «leggende scolastiche, luoghi comuni e sfottò bonari» emergono i bambini e le bambine, «un mondo di pensieri grandi, grandissimi, in formato tascabile».
E per trasformare quello che potrebbe diventare orrido in provvido, Raffaella interroga la sua personale “stanza degli spiriti”: oltre ai grandi pedagoghi (Bruner, Gardner, Goleman, Gordon, Montessori, Pestalozzi, Rousseau, Vygotskij) e alle sue «stelle comete» (don Milani, Korczak, Pennac, Rodari, Saint Exupéry, Sepulveda), c’è il mitico professore con la giacca rosa, esperto di Letteratura per l’Infanzia, Livio Sossi.
Il motto è solo uno: «il disordine è denso di possibili desideri da realizzare». E quindi largo alla creatività e alla fantasia: dall’“Appello senza livelli” («quando fiero alzi la mano/ e mi dici presente ci sono e sono qua») al “Paese di Giocarello” (dove sul perimetri delle mura ci sono disegnati cruciverba e rebus, dove le case sono a forma di dadi, dove nel Palazzo di Città si gioca a “Facciamo finta che”) fino al «Vademecum dei compiti» un elenco di proposte migliorative studiate da due studenti (nel quale emblematico è il punto 5 «non si danno le punizioni se uno si dimentica il quaderno a casa perché che fine ha fatto la fiducia, poi non mi dire che devo averla io!»; da leggere tutto perché è estremamente spassoso!).
Raffaella si destreggia tra compiti alternativi («Per domani vorrei che mi portaste i colori del tramonto”) e poesie pregne di umanità («Arianna tante mamme» che merita la lettura più attenta e accorata) declinando i programmi curricolari con le filastrocche e trasformando mere indicazioni normative in invenzioni immaginifiche sulle lettere (come quelle sulla H, sulla S e sulla O): restituzioni di un mondo “altro” che destina ai suoi studenti “speciali” e anche all’intera classe.
Eh sì, perché Raffaella è una docente di sostegno: e questa è la sua (e di tante colleghe) avventura quotidiana che dura da 30 anni.
«“Maestra ma tu vorresti fare la maestra?” mi chiede a bruciapelo Gabriele […] lunghissimi secondi e poi il mio “Sì” giunge cercando di sembrare il più convincente possibile […] “Sai perché? Tu sei proprio brava” […] arriva provvidenzialmente in mio soccorso Federico che dice, rivolgendosi all’incauto inquisitore nel tentativo di edulcorare la pillola “Lei è una maestra ma non troppo”». Ecco come nasce il titolo. E l’autrice aggiunge: «Uno scrittore avrebbe potuto impiegare una vita a trovare un titolo così! E invece me lo sono ritrovato offerto su un vassoio d’argento dai miei incommensurabili Gabriele e Federico».
Chi è l’insegnante di sostegno? Che ruolo ha nella classe? È già ma non ancora una maestra come tutte? Cosa le manca? Cos’è “troppo”? E cosa “meno”?
E così, nel tentativo di rispondere a queste domande, in un giorno d’inverno, Raffaella si ritrova a indossare le vesti del viaggiatore calviniano e a intraprendere un viaggio alla ricerca di sé. Nella tasca un biglietto valido per «una maestra ma non troppo» offerto da Gabriele e Federico. «Per tirarmi fuori da quella sorta di dimensione senza contorni precisi, come una bolla sospesa, confinata in un tentativo piuttosto che in una certezza, accettai felice […] il biglietto mi dava la possibilità di fare il viaggio alla ricerca di un’identità possibile: essere una maestra intera e non a metà».
Ecco la grandezza di una maestra, che si consegna a noi nella sua diafana interezza: è lei una dei tanti innovattori e innovattrici che animano questo nostro tempo complesso (di qui l’inserimento nella collana INNOVAttori della casa editrice Secop).
Ognuno dovrebbe leggere questo libro, non solo i professionisti impegnati in ambito pedagogico. Perché ogni comunità educante ha bisogno della “sua Raffaella”, di professionisti, cioè, che hanno capito come si sta di fronte ai piccoli: «non inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli […] piuttosto innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti»[2].
[1] L. Sossi (a cura di), Cieli bambini. Antologia delle poesie italiana contemporanea per ragazzi, Secop edizioni 2012.
[2] Da un pensiero poetico di Janusz Korczak.
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