Le due redazioni del catasto di Conversano nel 1753 e 1754
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Introduzione

  
Le due redazioni del catasto di Conversano nel 1753 e 1754
Collana Crescamus 27

I Catasti onciari, ordinati nel 1740 da Carlo di Borbone re delle due Sicilie, si proponevano di uniformare il sistema contributivo nel regno di Napoli con una equa distribuzione del carico fiscale tra tutte le fasce di contribuenti. A tal proposito, nel generale compiacimento, fu accolto il concordato con la Santa Sede del 1741 con cui si stabiliva che, per la prima volta, gli enti ecclesiastici erano obbligati alla tassazione sui beni, sia pure con lo sconto del 50% sull’imponibile. Un grande merito del catasto carolino.

Esso costituisce non solo una ricognizione dei beni, case, terreni, animali e mutui attivi e passivi, ma una descrizione dei nuclei componenti i fuochi, abitanti, forestieri, ecclesiastici ed enti religiosi. Ci danno un quadro economico ma anche sociale ossia biografico, edilizio, religioso, topografico, toponomastico che tratteggiano il volto delle città nel ‘700. Rappresentano una fonte preziosa per la storia economica e sociale delle città del Regno nel secolo XVIII. è espressamente manifestata la volontà di sollevare i poveri da gravami fiscali eccessivi. I catasti carolini erano detti onciari perché, inopinatamente, la rendita imponibile stimata in ducati, moneta corrente, era tradotta in once, una antica moneta non più in uso. Anche se l’oncia era stata utilizzata già nei catasti “a battaglione” 1 . La contribuzione fiscale all’epoca era praticata a gabella, dazio minuto e tassa sui beni. 

In conformità alle istruzioni, deve essere compilato un librone detto il “general catasto” con le varie categorie di contribuenti riportanti le partite catastali ed un consuntivo finale da depositare presso l’Università delle città, e copia inviata alla Regia Camera della Sommaria con tutti gli altri volumi. Annualmente, poi, venivano redatti i “catastini” per aggiornamenti sulle variazioni occorse.

Purtroppo tutti i documenti esistenti presso il Comune di Conversano sono stati distrutti in occasione dell’incendio del Municipio nella rivolta popolare del 20 maggio 1886, e, tra essi, l’onciario carolino pubblicato il 17 ottobre 1754, a Conversano, nella illusoria convinzione di sfuggire alle tasse in futuro. 

Nella compilazione dei catasti si configurano reiterati tentativi dei contribuenti di ridurre il prelievo fiscale con tutti i mezzi leciti o illeciti a partire da “rivele” mendaci. Tra i sotterfugi più in voga vi erano quelli di “far leva” su apprezzatori e periti per sottostimare misure e rendite dei possessi o occultare beni e quant’altro poteva servire a ridurre il carico fiscale come il ricorso a mutui con enti ecclesiastici che beneficiavano di sconti. Un vero e proprio sistema di finanziamento precursore di quello oggi gestito dalle banche.

Presso l’Archivio di Stato di Bari è conservata una copia del general catasto di Conversano, compilato negli anni 1750-1753, che è infarcita di squarciafogli incollati alle partite catastali e di annotazioni ai margini con diversa stima delle misure e rendite. Un guazzabuglio di partite catastali di difficile se non impossibile trascrizione e pubblicazione. Ma anche lacunoso, privo di intere ed importanti parti come le partite dei deputati del catasto e della categoria dei forestieri (Polignano), la collettiva generale e quella delle once (bilancio consuntivo) delle entrate ed uscite (pesi) dell’Università e cosa più rilevante la tassazione a cui venivano assoggettati i contribuenti. La sua provenienza non è accertata, ma sicuramente non era tra le carte nel Municipio nel 1886: sarebbe stato bruciato. Esso è stato utilizzato per la compilazione del catasto del 1754 come brogliaccio e verosimilmente per compilare il provvisorio del 1814.

Ci siamo, quindi, risolti a consultare la copia esistente nell’Archivio di Stato di Napoli, nella speranza che fosse utilizzabile per una trascrizione e analisi critica delle condizioni di Conversano nel ‘700.

Il nostro impegno è stato premiato per le sorprese di grossa rilevanza storica nascoste nei manoscritti della Sommaria. Sotto il nome di “Catasto onciario di Conversano” sono compresi undici massicci volumi consistenti in atti preliminari, libro dell’apprezzo, due volumi di squarci di campagna, sei di rivele e il general catasto. Gli aspetti di grossa rilevanza storica, sono negli Atti preliminari, Volume di gravami e nello Stato delle anime del 1753, tutti inediti, non reperibili in altri archivi. Dagli Atti preliminari, solitamente trascurati dagli studiosi, apprendiamo che la compilazione del catasto a Conversano ha avuto un iter molto travagliato. Essi avrebbero dovuto limitarsi ad attuare le incombenze burocratiche dettate nelle Istruzioni dell’editto del Re del 1741 che riportano dettagliatamente le modalità di compilazione del catasto arricchite da apposita modulistica.

A Conversano, il percorso ebbe inizio nove anni dopo, il 15 ottobre 1750, con la nomina dei deputati del catasto, dei rappresentanti dei tre ceti, dei periti, ed emanazione di bandi nelle città vicine per comunicare ai possessori di beni in territorio di Conversano l’obbligo di presentare le rivele (dichiarazioni dei redditi). Indi si procedeva all’apprezzo. Dopo la discussione delle rivele con gli apprezzi si compilava il “general catasto”, da pubblicare nella pubblica piazza. 

Andando avanti nella lettura degli Atti preliminari scopriamo importanti novità che danno un rilievo storico-sociale inedito nella storia di Conversano e, forse, del Regno di Napoli. Vi si annidano copie di verbali comprovanti gravi decisioni di Re Carlo a favore della plebe contro i ricchi.

è emersa, infatti, una contesa tra poveri e benestanti di non poco conto, tenuto presente che la città è sede di contea soggetta a regime feudale, sede vescovile dal secolo IV e conta oltre 5500 abitanti. Con i conti Acquaviva d’Aragona ha avuto un ruolo determinante nel governo della Puglia agli ordini del re di turno.

La popolazione denuncia una «scandalosa convenzione» tra periti e benestanti, finalizzata a sottostimare beni e rendite, ordita da un notabile d’eccezione, addirittura un canonico di famiglia di alto lignaggio, e da vari deputati addetti alla compilazione del catasto non solo del I° ceto. Le denunce sono suffragate dalla Declaratio notarile di un perito che fa nomi e cognomi dei fedifraghi. La conseguenza più immediata della macchinazione è che non si raggiunge il “pieno” (importo totale) per sostenere le spese comunitarie dell’Università riversandole in gran parte sui poveri con l’odiata gabella della farina.

Che fa Re Carlo di Borbone? Siamo nel secolo dei lumi. Senza mezzi termini dà ragione al popolo. Dopo aver destituito i notabili compilatori, responsabili del misfatto, ordina la revisione con riapprezzo. Il catasto pubblicato nel 1753, conservato a Bari, è annullato e il suo rifacimento demandato a periti e deputati da eleggere con nuove elezioni in pubblico parlamento. Vanno rifatte le stime delle rendite di terreni, animali e derrate poiché le precedenti erano “troppo basse”. Le spese sono addebitate ai responsabili della tentata maxi evasione.

Un fatto senza precedenti che pone Conversano in un contesto sociale di primo ordine. Infatti, nella pur vasta pubblicistica non si rileva analogo episodio occorso in altre Università, ad eccezione di piccole scaramucce dovute a ricorsi contro feudatari. Nel Volume di gravami emerge la contrapposizione dei colpiti dal riapprezzo che indicano come autori della denuncia della “scandalosa convenzione” «alcuni malcontenti della plebe che si sono fatti eleggere periti per il riapprezzo». I loro nomi sono negli Atti preliminari.

Altre diatribe secolari sono quelle sul possesso territoriale tra Polignano, Castellana, Mola e Turi contro Conversano. Nella controversia tra Mola e Conversano 2 ,  alla lunga la spunterà Mola. Nel catasto in regime a battaglione del 1627, conservato presso l’Archivio Capitolare di Conversano si riscontrano circa 500 partite di cittadini molesi con beni in territorio di Conversano accatastati in contumacia.

Ma la chiusura della compilazione del general catasto tarda per le contrapposizioni tra le diverse fazioni di eletti e deputati facilmente individuabili. Un dispaccio di Carlo di Borbone ordina prima la traduzione di sindaco e deputati di Conversano presso la Regia Dogana di Foggia ove dovranno essere trattenuti, a loro spese, fino al termine delle operazioni di completamento del general catasto fissate entro il termine di agosto del 1754 e poi l’invio a Conversano di Carlo Curti, “sindaco” della Regia Dogana di Foggia, per captis pignoribus vel captura persona, dei due sindaci di Conversano (del 1753 e 1754). Il catasto viene completato da Carlo Curti e pubblicato con enorme ritardo il 17 ottobre 1754 a Conversano e, quindi, inviato, unitamente a tutti i volumi, alla Regia Camera della Sommaria il 22 ottobre successivo. 

Il rifacimento del libro del catasto ha, tuttavia, rimediato solo in parte all’ingiustizia in danno dei poveri poiché, per il 1754, allo scopo di raggiungere il “pieno” si è lasciata la gabella della farina ridotta del 50%. Che pur non è di poco conto.
Nel nostro lavoro abbiamo esteso lo studio della contribuzione fiscale a quella dopo l’unificazione utilizzando le opportune note dell’arch. Sante Simone, che lo connotano di una inaspettata vena di meridionalismo, inserite nelle Memorie istoriche di G.A. Tarsia Morisco 3 .

Questa pubblicazione ha caratteristiche che ne fanno un lavoro utile per studiosi e non solo. Gli aspetti sociali, economici ecc., infatti, sono esposti analizzando e confrontando le singole categorie con le analoghe di altri onciari delle Università di Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto 4 . Altrimenti, come già detto, si sarebbero persi aspetti importantissimi che avrebbero dissipato tutta la loro peculiarità. Come la distribuzione dei beni, le donne o fanciulle in capillis, i bracciali che hanno una interpretazione diversa nelle Università.

In genere i libri dei catasti delle Università pubblicati si attengono alla descrizione degli aspetti che caratterizzano la città senza alcun confronto con le altre.

Il nostro lavoro agevola la ricerca genealogica, resa possibile da un indice per cognomi di persone, considerato che nei manoscritti dell’epoca le partite catastali seguono i nomi propri dei capifuoco. 

Numerose le immagini di palazzi, case d’epoca, chiese, chiesette rurali, masserie, laghi che danno un’efficace connotazione alla città.   

L’impostazione grafica è curata in modo da agevolare le ricerche di ogni tipo: storico, economico, sociale, lessicale e genealogico.

Abbiamo lasciato i termini come compaiono nel manoscritto poiché rappresentano una precisa volontà di affermare la propria identità, “la conversanesità”, anche di fronte a «Sua Maestà il Re (che Dio guardi)» al quale il manoscritto è indirizzato.

Molti capifuoco di Mola sono individuati anche con il soprannome che esprime una caratteristica personale. Si evidenziavano, senza peli sulla lingua, le disavventure coniugali, le preferenze sessuali, la scarsità di comprendonio, l’eleganza nel vestire di qualche sacerdote. Non è esclusa una dose di divertito sarcasmo e dileggio tipico del conversanese. Basta scorrere la categoria e se ne trovano di gustosi.  

L’opera, per contenere il costo, è suddivisa in due parti. La prima in un volume che include tabelle e studi comparativi con altre città. La seconda in un DVD che contiene la trascrizione del manoscritto conservato nella Sala catasti dell’Archivio di Stato di Napoli. I nomi ricorrenti sono in gran parte quelli degli attuali conversanesi, di molti molesi, castellanesi, polignanesi, putignanesi e rutiglianesi: sono i loro antenati.

Non si ha notizia di città con popolazione rilevante che hanno pubblicato il catasto carolino a causa dell’enorme mole di lavoro. Sforzo titanico che richiede tempi lunghi, certo non ripagabile economicamente.

I conversanesi possono essere fieri della loro storia e della loro identità, del glorioso passato che li vede sempre in prima linea nell’attuazione di idee innovative tendenti a liberarsi dal giogo dei regnanti con lotte politiche e sociali. 


1  Archivio Capitolare di Conversano, Catasto di Conversano del 1627.

2  ASF, Dogana delle pecore di Puglia, Controversia tra Mola di Bari e Conversano sulla determinazione dei confini territoriali delle contrade S. Marco, Pozzovivo e Spinazzo, serie II, busta 279, fascicolo 6396, 1754-1755, cc. 28.

3 G.A. Tarsia Morisco Memorie istoriche della città di Conversano, a cura di A. Fanelli e V. Perillo, Note di S. Simone S3, S4, p, 163-165.

4  Palumbo-Poli-Spedicato, a cura di G. Poli, cit, pp. 160–166.  

Luigi P. Marangelli 
Scheda bibliografica
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Autore Luigi P. Marangelli
Titolo Le due redazioni del catasto di Conversano nel 1753 e 1754
Editore A.G.A. Alberobello
Prezzo s.p.i.
data pub. maggio 2019
ISBN 978-88-9355-117-5
In vendita presso:
Emmaus - Conversano 
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Memorie istoriche della città di Conversano
con una inedita Dissertazione
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Introduzione
  
Memorie istoriche della città di Conversano con una inedita Dissertazione
Collana
Crescamus 25

1. Redatto con l’intento di darlo alle stampe già nel 1804, ma in realtà rimasto lungamente inedito, il manoscritto di Giuseppe Antonio Tarsia Morisco (…) era stato ripreso e pubblicato da Sante Simone a Conversano nel 1881 per i tipi di Benedetto Favia (8°, pp. 455), corredandolo di proprie note e lasciando immutata l’impostazione generale: vi apportava solo tre variazioni rispetto all’originale con le omissioni della dedica al vescovo Nicola Vecchi, del primo capitolo e dell’Appendice documentaria. La pubblicazione non doveva aver avuto una gran fortuna editoriale, non tanto per la tiratura probabilmente limitata – ben poche sono rimaste le copie in circolazione e quasi tutte nelle istituzioni culturali –, quanto soprattutto per l’intrinseco disagio di consultazione, come verrà precisato al 3.4. A riproporne l’edizione anastatica si era accinto l’Editore Arnaldo Forni, che l’annunciava nel suo catalogo alcuni decenni fa, ma l’impresa non ebbe seguito e fu definitivamente abbandonata, presumibilmente per quella difficoltà per il lettore che si sarebbe tradotta non solo in un mancato utile economico, ma forse in un fallimentare insuccesso editoriale. Una ragione puramente economica prevalente sulla cultura pura, comunque giustificabile senza interventi finanziari pubblici, per i quali peraltro non saprei se fossero stati posti all’attenzione dell’Amministrazione Comunale di Conversano. Certo l’opera tarsiana non è di facile e immediata consultazione, né mette a suo agio il lettore, ma sicuramente la sua composizione non può definirsi “informe, sconnessa, affastellata e confusa”, come severamente sostiene il Bolognini nella sua introduzione. (……………)

3.1. Viene preliminarmente da chiedersi se ha ancora validità riproporre nel nostro tempo questo testo storico del 1804. Una prima risposta che rimuove ogni perplessità è data dalla sua indubbia e innegabile qualità; le Memorie inoltre colmano un vuoto storico di un secolo e mezzo dall’edizione latina edita a Madrid nel 1649. Inoltre va chiarito subito che la nostra non può ritenersi una riedizione del 1881, ma un’edizione del tutto nuova, perché riporta la trascrizione integrale del manoscritto tarsiano. Non conosciamo i motivi che hanno sistematicamente indotto il Simone alle numerose omissioni del ms., e di alcune parti a farne un semplice abrégé. (…) Pur dichiarando il Simone nel rivolgersi ai lettori che “il lavoro del chiaro autore sarà fedelmente pubblicato com’è scritto” (p. VII), è da presumere che abbia pensato a un’operazione di restyling, sia omologando a tratti la lingua dell’autore a quella del loro tempo, e sia omettendo, con ingiusta e notevole perdita per noi, le lunghe citazioni documentarie, spesso in latino, in modo da ottenere una più accattivante accoglienza dei lettori. (…………..)

3.4. L’opera del TM è strutturata secondo un modello classico della scolastica: una breve tesi enunciativa e poi lo svolgimento attraverso le “note”; quando queste sono molto brevi le sottopongo nella stessa pagina e in tal modo il lettore ha immediata continuità logica con il testo. Ma quando esse prendono corpo e diventano per così dire anche kilometriche, è allora che il lettore entra in crisi: gli tocca alla fine della lettura della nota ritornare alla pagina della tesi, scorrere il testo per rintracciare l’assunto da cui è partito e proseguire con il nuovo per una operazione contraria fino a ritrovare la nuova nota. Un pendolarismo dispendioso e difficoltoso che crea disagio mentale e perdita di continuità del discorso storico. Per una nuova edizione occorreva quindi un diverso impianto editoriale. Ma quale? Un innovativo e radicale cambiamento mediante capitoli a sé stanti, seppure in successione storica, avrebbe svisato totalmente l’impostazione dell’originale con conseguente perdita della visione organica del compatto contesto, e comportato necessariamente interventi “spuri”. Così allora ho preferito conservarne l’organicità originale mediandola attraverso una divisione logico-argomentativa, scandita numericamente, e richiamando sempre all’inizio il tema parcellare, in modo da conservare la visione d’insieme. Ovviamente tali apporti sono visivamente distinguibili per la presenza del corsivo nell’uncinato. (………………)

3.11. Traspare ripetutamente, quasi come per una biblica evocazione, la predilezione dell’autore per la coltura della terra, quella sassosa e improduttiva che attraverso l’attività laboriosa umana diviene per l’uomo stesso riscatto sociale, economico e personale. Significativo il passo in cui (metafora o realtà che sia) il lavoro della terra viene posto in sintonia con la penitenza della confessione quasi come un’equazione: più peccati, più penitenza e la penitenza consiste in alberi da piantare. Il risultato? Là dov’era terra inerte e infeconda, là sorgeva, come suol dirsi ancor oggi nel nostro vocabolario contadino, un “giardino”, una terra turgida di alberi da frutto (pp. 61-62). Non vi manca l’annotazione di una persistente e diffusa superstizione popolare, come l’impotenza maschile dovuta ai malefici delle streghe: “Dippiù accade alla giornata in Conversano per una forte accensione di fantasia, che tanto suol operare sopra del nostro spirito, non potersi da sposi conoscere carnalmente le loro spose, e specialmente quelle che sono belle, per qualche tempo dopo lo sposalizio. Dicono costantemente che tutto ciò venga a nascere dalle operazioni delle streghe, che chiamano legature (p. 45); né vengono tralasciati anche piccoli particolari, come si dice oggi, di genere: l’usanza femminile ancora vigente al suo tempo del taglio dei capelli sul marito defunto (p. 44); ovvero la delicata annotazione sulla bellezza fisica e morale delle donne conversanesi: “Le femmine poi quanto sono belle, amorevoli e compite, tanto sono caste e divote” (p. 63), mentre il suo avo esalta ancor più la fisicità femminile (le donne sono bellissime e molto feconde per il dono delle mammelle); o ancora la consuetudine femminile della perdonanza prima del matrimonio (p. 146).

3.12. Possiamo affermare in conclusione che le sue Memorie, penalizzate dalla linea editoriale del Simone e ingiustamente accantonate o poste in ombra dal sopraggiunto Bolognini, restano la più ricca, preziosa e bella storia documentaria della nostra città. Ovviamente pur con tutti i limiti che gli si possono addebitare e per alcune sue ipotesi storiche che diventano tout court certezze mediante un retorico interrogativo piegato all’afferma-zione, anche se nella storia, lo sappiamo, ogni ipotesi ha sempre bisogno di riscontri oggettivi e documentari. È soprattutto a lui che dobbiamo anche la documentazione delle testimonianze epigrafiche, molte delle quali ormai perdute, e alle quali hanno attinto sia il de Jatta e sia il Bolognini. Infine le numerose citazioni degli accademici e umanisti del ’400, come p. e., Cantalicio , vescovo di Atri, Jacopo Sannazzaro, Pietro Summonte, Giovanni Gioviano Pontano, Giovanni Albino, Gregorio Rosso, Pandolfo Collennuccio, il Duca di Monteleone , il leccese Antonello Coniger (Connigero), Paolo Giovio e i successivi Angelo di Costanzo, Camillo Porzio, Domenico Antonio Parrino, Francesco Capecelatro, Eustachio d’Afflitto, Baldassarre Storace e altri ci fanno riscoprire la ricca produzione letteraria e storica del regno di Napoli. Di questi testi antichi, nell’indicare il preciso riscontro bibliografico, ho inteso consultare quelle edizioni che il TM avrà avuto tra le mani nel suo tempo, tralasciando quindi le moderne edizioni critiche, salvo qualche eccezione. Senza dubbio tutti questi materiali storici diventano per noi uno stimolo ulteriore a riprenderli, confrontarli e vagliarli criticamente per elaborare nuovi studi sulla nostra città; la ricerca quindi, inesauribile come sempre in ogni disciplina, resta tuttora aperta. dalla Prefazione della Dissertazione

1. Si era conclusa tragicamente appena qualche anno prima la brevissima esperienza repubblicana del 1799 a Napoli: iniziata il 21 dicembre 1798 con la cacciata del re, era stata spazzata dalla repressione sanfedista, guidata dal card. Fabrizio Ruffo e dai lazzaroni, i popolani napoletani filo-borbonici; la città era stata ripresa il successivo 22 giugno e il re reinsediato. La classe intellettuale rappresentava la “minoranza” non solo come numero, ma come espressione capace di “compenetrare a sé la nazione”, scollata del tutto dalla plebe che, senza “altro barlume d’idea politica che la potenza del re”, identificava nei proprietari, i gentiluomini e i signori il movimento patriottico definendoli giacobini: “Chi tene pane e vino, / ha da esse giacubbino”. La reazione del re Ferdinando IV era stata molto dura: quelli che riuscirono a emigrare, sottraendosi alle uccisioni comminate dal re, furono più numerosi di quelli di altre parti d’Italia e gli aristocratici che avevano aderito alla repubblica vennero privati nel 1800 della rappresentanza nei Sedili. La plebe era stretta dall’endemica e immensa povertà, che ne avvelenava l’animo e sfociava nelle province nel brigantaggio, ma piuttosto che lasciarsi permeare dagl’ideali di libertà e uguaglianza provava sentimenti di devozione monarchica e fece sua la crociata della Santa fede promossa dal card. Ruffo. In tale contesto il re nel 1802 emana un dispaccio quasi a promuovere un sondaggio-gara per arginare il dilagante fenomeno della povertà; il gesto poteva apparire perfino “democratico”, ma in realtà era semplicemente un modo per tacitare o tenere sotto controllo le istanze dal basso e quelle dall’esterno, quest’ultime concretizzatesi quattro anni dopo con la conquista napoleonica; un modo paternalistico per blandire le estese masse diseredate in cui “i Masanielli non erano morti” e che erano guidate “da istinto infallibile dell’utile loro immediato”. Quanto al re poi icastico è il giudizio del Croce: “A re Ferdinando si è fatto forse troppo onore chiamandolo un tiranno: il che farebbe supporre, per lo meno, l’ambizione della forza e del potere. Egli pensava alla caccia, alle femmine, alla buona tavola; e purché si lasciassero fare le dette cose, era pronto a intimare la guerra, a fuggire, a promettere, a spergiurare, a perdonare e ad uccidere, spesso ridendo allo spettacolo bizzarro”.

 

2. Il dispaccio regio si articolava in due punti: 1. come trovare risorse per incanalare i poveri in unità abitative o Case di reclusione; 2. quali i mezzi per superare la povertà, e creare produttività economica. TM si accinge a raccogliere l’invito partendo da quella diffusa topica mitologica incentrata sulla retorica dell’ubertà del Sud, che Giustino Fortunato demitizzerà realisticamente; ne intravede comunque aspetti di decadenza, di cui coglie le cause storiche, per concludere “che non siamo ancora pervenuti a quella condizione che potrebbe dirsi esser di già perfetto lo stato nostro civile. Noi non ancora ci abbiamo una nazione formata” (p. 445), e trova nell’educazione, nella legge e nel lavoro mediante il supporto dello stato i fattori di rinnovamento morale ed educativo contro la povertà. Entra quindi nel nocciolo del tema: la costituzione delle Case per i poveri, che intanto rimuovono la piaga diffusa del vagabondaggio. Dove trovare i mezzi per l’accoglienza di questa fascia sociale così derelitta? Molto dispendiosa sarebbe la loro costruzione ex novo, e i finanziamenti e le risorse da reperire sarebbero ingenti; peraltro, se trovati, non potrebbero se non essere attinti attraverso il giro di vite della tassazione, incombente più sul popolo che sulla ristretta cerchia di nobili e alto-borghesi. Non gli pare perciò praticabile e neppure immediatamente realizzabile questa soluzione. Ecco la sua intuizione, comoda, tempestiva e alla portata di mano: egli ……… (……….)

È il lavoro per TM, rispondendo al secondo punto del bando borbonico, che da una parte redime il povero e dall’altra lo rende produttivo e utile alla società, citando quella massima popolare “che quanto è più povero il vostro popolo, tanto meno rende a voi stesso” (p. 451), ossia alla collettività; perciò nessun assistenzialismo, né dargli un “reddito di cittadinanza” come diremmo noi oggi ……..

Angelo Fanelli
Scheda bibliografica
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Autore Angelo Fanelli e Vincenzo Perillo
Titolo Memorie istoriche della città di Conversano con una inedita Dissertazione
Editore A.G.A. Alberobello
Prezzo s.p.i.
ISBN 978-88-9355-068-0
data pub. ottobre  2017 (pp. 503)
In vendita presso:
Emmaus - Conversano 
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Arredi sacri e parametri nei documenti archivistici di Conversano
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Tratto da monopolilive.com
  
Arredi sacri e parametri nei documenti archivistici di Conversano
Collana
Crescamus 24

Con il volume di Angelo Fanelli Arredi sacri e paramenti nei documenti archivistici di Conversano (Conversano 2017, pp. 207 con illustrazioni) si conclude il ciclo delle numerose attività culturali realizzate per il 750mo dell’insediamento badessale della benedettina greca Dameta nel monastero di San Benedetto di Conversano (3 dicembre 1266-3 dicembre 2016).
Appuntamento martedì 9 gennaio a Conversano, alle 18.30 nella Sala forum archivio della biblioteca. Don Roberto Massaro, rettore del Semimario vescovile, illustrerà il tema "Essere è prendersi cura: dalla filosofia alla bioetica della pittura". Conclude il vescovo, Giuseppe Favale.
Come si legge nell’Introduzione, la lettura degli inventari delle chiese di Conversano che si snodano dal 1659 si dispiegano alla lettura di valenze diverse attraverso l’aspetto linguistico, economico, tecnologico, psicologico, storico, devozionale e tecnico, poiché non ci si imbatte “in una solitudine di numeri primi chiusi in se stessi, ma al contrario essi interagiscono con vivezza con la stratiforme società del tempo”.
Il glossario finale guiderà il lettore alla comprensione dei termini desueti o commisti con il dialetto e della varietà delle stoffe usate (cataluffo, amoerro, ermisino, terzanello).

Tratto da monopolilive.com
Scheda bibliografica
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Autore Angelo Fanelli
Titolo Arredi sacri e parametri nei documenti archivistici di Conversano
Editore A.G.A. Alberobello
Prezzo s.p.i.
data pub. novembre 2017
In vendita presso:
Emmaus - Conversano 
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Una macchina bellica del sec. XV:
la torre poligonale di Conversano
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Recensito per "Scaffale" da Francesco Saverio Iatta
  
Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano
Collana
Crescamus 22

     Finalmente abbiamo a disposizione un contributo scientificamente fondato che è poi anche il frutto di numerosi rilevamenti, svoltisi nel corso di vari mesi, effettuati da una intera ‘équipe’ di giovani studiosi guidati dall’architetto Paolo Perfido 1, insomma un articolato saggio  che è, precipuamente, dedicato a delineare e quindi a mettere in specifica evidenza le caratteristiche più peculiari di quella singolare macchina bellica del XV secolo che è la ‘torre poligonale’ del ‘castello di Conversano 2. Torre che d’ora in poi non si potrà più indicare, erroneamente, ‘decagonale’ (come è, per l’appunto, dimostrato in questo meritorio contributo) ma esclusivamente ‘torre poligonale’.
       Ci riferiamo al prezioso volumetto felicemente intitolato “Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano 3” il cui testo, più prettamente specialistico, è dovuto all’architetto Paolo Perfido mentre l’introduzione, invece specificamente storica, è stata dettata da Angelo Fanelli 4 ed ha, per ciò, come suo precipuo oggetto la complessa, sfaccettata figura di Andrea Matteo III 5 Acquaviva d’Aragona 6, VII duca di Atri 7 e conte di Conversano 8, in sostanza il committente della ‘macchina bellica’ di cui si tratta nel ventiduesimo quaderno degli oramai prestigiosi ‘crescamus 9’ diretti, con encomiabile lungimiranza, dall’attuale Direttore dell’Archivio Diocesano di Conversano 10.
      Paolo Perfido espone i risultati che è stato possibile ottenere solo dopo aver studiato le complesse, articolate strutture di ciò che molto superficialmente siamo soliti indicare con la impropria indicazione ‘il castello di Conversano’ (mentre più propriamente si dovrebbe indicarla come ‘ struttura castellare che domina la collina su cui poggia l’antica Conversano 11). E, per ciò, si è potuta avere a disposizione una prima, quindi preliminare (ma indispensabile quindi quanto oramai ineludibile) individuazione delle sequenze cronologiche delle complesse fasi costruttive di ciò che è divenuto il simbolo che rappresenta, per antonomasia, passato e presente di Conversano. Ed anche lo stesso futuro di Conversano. Se individuato. E, quindi, pianificato con intelligenza, per tempo.
       Ovviamente, come si sarà intuito, ci riferiamo alla struttura castellare che torreggia da secoli sul punto più alto della collina sulla quale poi si è adagiata, nel corso del tempo, prima l’antica Norba 12, quindi il casale copersano» 13ed infine anche la moderna Conversano.
     Abbiamo quindi a disposizione un volumetto he si può considerare come il primo, ma indispensabile, tassello che si propone come lo studio propedeutico, per eccellenza, per approntare scientificamente quella monografia che deve riguardare lo studio approfondito di tutta intera la struttura castellare che, per comodità e/o pigrizia comunicativa, siamo soliti indicare, sbrigativamente ‘il Castello di Conversano’.
      Compito che ci auguriamo verrà, il più presto possibile, affidato ad una ‘équipe’ di studiosi perché questi possano, finalmente, offrirci i risultati di una serie di indagini (architettonico-strutturali) che quindi siano in grado di offrirci un’attendibile ricostruzione di tutte le vicende (architettonico-strutturali) che hanno interessato, nel corso di secoli, l’intera struttura castellare che domina Conversano. 
      Le foto, i disegni e gran parte delle tavole riprodotte nella ‘plaquette’ (su cui, gioco forza, ci dobbiamo, purtroppo,  brevemente soffermare) si devono alla competenza scientifica dell’architetto Paolo Perfido (che in più di una occasione ha guidato, con esemplare perizia, una équipe di studiosi appositamente costituita) permettono di apprezzare appieno (in particolare per la loro straordinaria efficacia comunicativa e rappresentativa) un monumento militare singolare qual è, di fatto, ‘la torre poligonale’ del Castello.
      E cioè una vera e propria macchina bellica di cui ci vengono svelati non unicamente tutti i maggiori segreti costruttivi quanto anche la stessa pignola, magistrale cura che i mastri costruttori hanno posto nell’edificare la ‘torre poligonale’ che oggi sembra, dal di fuori, far parte integrante della struttura castellare che ha provveduto a difendere il feudo di Conversano ed i suoi signori.  Mentre di fatto è una costruzione a te stante che, per altro, risponde ad una serie di ben precisi, quanto articolai canoni costruttivi, prettamente militari, che ci permettono di rilevare la sua singolarità sol che se ne studi, in maniera particolareggiata il suo organizzato e quindi particolarmente flessibile interno tutto volto a farne una macchia di guerra volta ad offendere il potenziale nemico quanto a difendersi, opportunamente, a difendersi da eventuali assalti.  
      Le foto, i disegni e le ‘tavole’ quindi le stesse elaborazioni grafiche, i rilievi, le vedute assonometriche, le ‘piante’ e poi ancora i ‘prospetti’ riprodotti nella ‘plaquette’ hanno così peculiari modalità comunicative che ci permettono di individuare e quindi, per ciò, di scoprire le singolari caratteristiche di quella che una vera, caratteristica quanto forse anche  insolita ‘macchina da guerra’ di cui siamo abituati ad ammirare (ma dal di fuori) il suo fascino quasi unicamente estetico, ma che, invece, al suo interno cela una capacità offensiva e nello stesso tempo anche prettamente difensiva che quando fu costruita era, indubbiamente, un manufatto architettonico-militare anche davvero all’avanguardia.
       Non poteva non mancare in questa piccola perla che si aggiunge alla collana dei prestigiosi quaderni dei ‘crescamus’ (ora fortemente voluti anche da monsignor Giuseppe Favale 14, attuale presule della diocesi Conversano-Monopoli 15) una attenta quanto documentata introduzione.
        La si deve, come si è in parte anticipato, ad Angelo Fanelli che è incentrata specificamente nel far rilevare la personalità ed il prestigio di cui, anche ai suoi tempi, godette in maniera indiscutibile Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona che ha provveduto a commissionare, ad un non ancor meglio identificato architetto militare del tempo (comunque di provata, notevolissima competenza) ‘la torre poligonale’ del Castello di Conversano.
       Angelo Fanelli, dopo aver delineato la nota, forte personalità di Andrea Matteo III rievoca anche le  maggiori gesta militari, quindi poi pure le stesse sconfitte che dovette subire colui che seppe unire alle sue alte qualità di stratega militare anche quelle di doti di umanista e quindi poi pure di avveduto mecenate che lo portarono anche a proteggere, con un intuito che ne prevedeva la stessa evoluzione futura, lo stampatore Antonio Frezza 16 che ha quindi personalmente collaborato a far venire alla luce il De Fortuna, il De Immanitate e il De Astrologia) di Giovanni Pontano e quindi De partu virginis di Jacopo Sannazzaro.      
     Dopo aver segnalato quanto non si poteva non sottolineare con il dovuto, sin anche ovvio compiacimento, i pregi non affatto modesti di questo ‘ventiduesimo quaderno dei «crescamus»’, non possiamo non fare a meno di segnare alcune mende che, purtroppo, caratterizzano, malauguratamente sin dalla loro nascita, tutti ma proprio tutti i ‘quaderni crescamus’.
       Ci riferiamo, in particolar modo, agli apparati para testuali 17  dei ‘quaderni crescamus’.
       Gli apparati in questione, ancora una volta, lasciano a desiderare, e in maniera imperdonabile.
      E lo ripetiamo per l’ennesima volta, senza, per altro, riuscire ad invertire una perniciosa tendenza che oggi è proprio del tutto inconcepibile in un contributo scientifico.
     Anche in questo ‘Una macchina bellica del xv secolo’ manca, e non se ne afferra affatto la ragione, un indice dei nomi.
     Manca, poi anche, un indice delle riproduzioni che impreziosiscono lo stesso volumetto.
     E, dulcis in fundo, manca sin anche un indice delle stesse imprescindibili ‘tavole’ che sono inserite in questoUna macchina bellica del xv secolo’ che, per altro, sono state opportunamente allegate per dimostrare, anche visivamente, quanto è contenuto, di scientificamente apprezzabile, nel contributo stilato dall’architetto Paolo Perfido.
       Quando il direttore della ‘collana dei crescamus’ si convincerà che un contributo scientifico non può affatto fare a meno di avere un apparato paratestuale tanto curato quanto lo sono gli stessi testi di cui deve divenire il naturale, indispensabile completamento?
      Altra menda che non possiamo non segnalare è il formato improprio che ha questo ‘quaderno crescamus’ che, proprio per questo ultimo motivo, mortifica le foto, i disegni, le ‘tavole’ quindi poi le stesse elaborazioni grafiche, quindi poi anche i rilievi e poi ancora le stesse preziose vedute assonometriche, poi le ‘piante’ ed infine ancora i ‘prospetti’ che sono proposti, ma in un formato non affatto consono alla bisogna.                      
       Ogni foto, ogni disegno, tutte le ‘tavole’ quindi le stesse elaborazioni grafiche, poi pure i rilievi e quindi le stesse vedute assonometriche e poi anche le ‘piante’ e poi ancora i ‘prospetti’ che sono riportati in questo sfortunato ventiduesimo volume dei ‘crescamus’ non dovevano che essere riprodotti che a piena pagina. E poi ancora in una pagina di grande formato.
      Insomma in quel formato che, per l’appunto, è - abitualmente – riservato, proprio per la loro peculiare caratteristica: ai volumi che sono dedicati a trattare specificamente di arte e di architettura.
       Questa volta la collana dei ‘crescamus’ non ospitava unicamente un contributo storico, ma precipuamente anche la ricostruzione storico-architettonica di un eccezionale manufatto architettonico- militare (per giunta di gran pregio) di cui non si potevano non illustrare le singolari peculiarità (sia prettamente architettoniche quanto  propriamente militari) se non con foto, disegni, ‘tavole’, elaborazioni grafiche, rilievi, vedute assonometriche, ‘piante’ e poi ancora  ‘prospetti’ che, indubbiamente, meritavano una miglior sorte.
      E cioè essere (lo ripetiamo sino alla nausea) riprodotti a pagina piena e poi anche di gran formato.
      Infatti presentati nel formato ‘mignon’ che vien loro imprevidentemente riservato perdono gran parte non solo del loro intrinseco fascino quanto anche gran parte della stessa peculiare funzione per la quale erano stati creati. E cioè non per fungere quali esornative illustrazioni di un testo qualsiasi, ma come ineludibili illustrazioni tecnico-scientifiche che dovevano quindi rendere reale giustizia ad un complesso architettonico-militare che è anche di straordinaria fattura. 
       Come per altro è stato dimostrato sia nel testo posto a corredo delle ineludibili illustrazioni tecnico-scientifiche del ‘macchina bellica del xv secolo’ quanto anche nel corso della presentazione della brochure che si è tenuta nel salone della Biblioteca dell’Archivio Diocesano per festeggiare, come per altro si doveva, la presentazione del volumetto che conteneva Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano.
 

2 Cfr. R. De Vita, (a c. di), Conversano in “Castelli, torri ed opere fortificate di Puglia”, a cura di R. De Vita, Bari 2001, pp.104-111; Manco G. (a cura di), Il Castello e il nucleo antico di Conversano, ciclostilato, collana ‘quaderni conversanesi n.7’ - Centro ricerche di storia e arte Conversano, Conversano, 1979 quindi leggere, ma con le pinze, quanto riportato dalla voce Castello di Conversano in “Wikipedia, l'enciclopedia libera”. wikipedia.it ed infine cfr. Norbanus Appulus (D. Ramunni), Il castello di Conversano. Note storiche – artistiche, Conversano 1936.

3 Cfr. P. Perfido, Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano”, Introduzione di A. Fanelli, Archivio Diocesano Conversano – Archivio Capitolo e Biblioteca Diocesana ‘D. Morea’ Conversano, collana ‘quaderni crescamus n.22’, aga editrice, Alberobello 2016,

5 Il Dizionario Biografico degli Italiani (cfr., www.treccani.it) riporta, a proposito di Andrea Matteo III fra l’altro: “Al suo amore per la cultura e per gli amici accademici si deve l'impianto di una tipografia a Napoli, verso il 1525, diretta da Antonio Frezza da Corinaldo: vi furono stampate opere del Pontano (il De Fortuna, De Immanitate e De Astrologia) ed il De partu Virginis di Iacopo Sannazzaro”. E quindi poi aggiunte “Va inoltre ricordato che l'A., nel suo palazzo avito di Atri, raccolse una splendida biblioteca che fu esaltata dal Cantalicio (cfr. B. Croce, Umanisti meridionali: IV. Il Cantalicio, in Uomini e cose della vecchia Italia”, Bari 1927, pp. 65 e sg.”.  E quindi poi inoltre soggiunge: “Una parte dei manoscritti, riunita nel convento dei gerolomini di Napoli, è ora passata alla Biblioteca Nazionale della stessa città. L'espressione più caratteristica dell'educazione umanistica dell'A., e quella che ne mostra l'ottima qualità, rimane la versione da Plutarco, alla quale l'A. accompagnò un ricco commento, che attesta una precisa conoscenza della lingua greca”.

6 Per una encomiastica ricostruzione delle vicende che hanno coinvolto alcuni dei più noti membri del casato Acquaviva d’Aragona cfr. Memorial a la Catolica y Real Magestad del rey nuestro señor D. Felipe IV el Grande ofrecido por el doctor Don Pablo Antonio de Tarsia Abad de San Antonio de la Ciutad de Conversano del Reyno de Napoles en que refiere el Origen, Calidad, Casamientos, Titules, Estados, Puestos, Privilegios, Grandesa, Hazañas, y Servicios del Esclarecido Linage de los Aguavivas, y la singular fineza, y valor con que ha servido à la Real Corona de su Magestad el Conde de Conversano, y la Condesa Doña Isabel Filomarino su muger, con algunas noticias de su pietad, y de la antiguedad, calidad, dignitades, y servicios de la Nobilissima Casa Filomarino  in Giangirolamo Acquaviva: un barone meridionale tra Conversano, Napoli e Madrid in “Giangirolamo II Acquaviva. Un barone meridionale nella crisi del Seicento. (Dai memoriali di Paolo Antonio Di Tarsia)”, Presentazione di F. Tateo, a c. di A. Spagnoletti e G. Patisso, Centro ricerche di storia ed arte Conversano, collana ‘Biblioteca di cultura pugliese nuova serie n.127’, Congedo, Galatina 1999, pp.127-256; Istoria della famiglia Acquaviva reale d'Aragona con un Discorso prodromo della nobiltà, nomi, ed insegne degli antichi, e de' moderni, ed un ristretto in fine di quanto ampiamente si è dimostrato per pruova della distinta nobiltà della chiarissima casa Acquaviva scritta da Baldasarre Storace, In Roma presso il Bernabò, 1738; P. Litta, sub voce, Famiglia Acquaviava, in Famiglie celebri italiane, Torino, 1839 – 1846. Per i sogni di utopia e disegno di città nei feudi degli Acquaviva, cfr. M. Scionti, Sogni di utopia e disegno della città nei feudi degli Acquaviva, in “Territorio e feudalità nel Mezzogiorno rinascimentale. Il ruolo degli Acquaviva tra XV e XVI secolo, collana ‘Biblioteca di cultura seconda serie n. 101, Centro ricerche di storia ed arte Conversano, Atti del primo Convegno internazionale di studi su La casa Acquaviva d’Atri e di Conversano (Conversano-Atri 13-16 settembre 1991), tomo II, a c. di C. Lavarra, Galatina 1996, pp.235-244. Per i monumenti funerari cinquecenteschi legati alla committenza Acquaviva d’Aragona, cfr. C. Gelao, Monumenti funerari cinquecenteschi legati alla committenza Acquaviva d’Aragona, in “Territorio e feudalità”, op. cit., pp.303-348. Per la cultura alla corte degli Acquaviva, cfr. F. Tateo, La cultura alla corte degli Acquaviva in “Paolo Finoglio e il suo tempo. Un pittore napoletano alla corte degli Acquaviva”, Electa Napoli, Napoli 2000, pp.59-62. Per la famiglia Acquaviva nel sistema imperiale spagnolo, cfr. A. Spagnoletti, La famiglia Acquaviva nel sistema imperiale spagnolo, in “La linea Acquaviva. Dal nepotismo rinascimentale al meriggio della riforma cattolica”, Atti del Convegno di studi (Conversano, 24-26 novembre 1995), a cura di C. Lavarra, Galatina 2005, pp.1-14.Per gli Acquaviva nel contesto della feudalità meridionale, cfr. M. Sirago, Gli Acquaviva nel contesto della feudalità meridionale, in “La linea Acquaviva, op. cit. pp.15-34.Per la letteratura alla corte degli Acquaviva, cfr. F. Tateo, La letteratura alla corte degli Acquaviva, in “La linea Acquaviva”, op. cit., pp.143-152. Per la pittura a Napoli e il collezionismo Acquaviviano, cfr. P. Leone De Castris, La pittura a Napoli e il collezionismo Acquaviviano, in “La linea Acquaviva, op. cit. pp.201-218. Per Gli Acquaviva e la Spagna nel Mezzogiorno d’Italia, cfr. G. Galasso, A proposito di Acquaviva e di Spagna nel Mezzogiorno d’Italia, in “Stato e baronaggio. Cultura e società nel Mezzogiorno. La casa Acquaviva nella crisi del Seicento”, Atti del III convegno di studi su la Casa Acquaviva d’Atri e di Conversano, Napoli-Conversano-Alberobelli 26-28 ottobre 2000, a c. C. Lavarra, Introduzione di F. Tateo, Centro ricerche di storia e arte Conversano – Università degli Studi di Bari Dipartimenti di Scienze storiche e sociali e di italianistica, collana ‘Biblioetca di cultura Pugliese n. 175’, Martina Franca, Congedo 2008, pp.17-24.Per i contrasti e le coesioni tra gli Acquaviva e i  Caracciolo in seno alla nobiltà napoletana, cfr. E. Papagna, Acquaviva e Caracciolo: contrasti e coesioni in seno alla nobiltà napoletana in “Stato e baronaggio”, op. cit., pp.61-84. Per le istituzioni cortigiane e la letteratura nei feudi degli Acquaviva, cfr. F. Tateo, Istituzione cortigiana e letteratura nel feudo degli Acquaviva, in “Stato e baronaggio”, op. cit., pp. 85-102. Per la poesia a corte nella stagione barocca degli Acquaviva, cfr. R. Girardi, Le «iperboli dipinte». Poesia e corte nella stagione barocca degli Acquaviva, in “Stato e baronaggio”, op. cit., pp.103-123. Per ragionate ed equilibrate indicazioni sui più noti esponenti della famiglia Acquaviva cfr. C. Lavarra, Gli Acquaviva d’Aragona tra medio evo e prima età moderna. Valori, strategie familiari, ‘tenuta’ del potere feudale in“Stato e baronaggio, op. cit., pp.1-16 e Ibidem, Gli Acquaviva d’Aragona un casato feudale dalle radicate tradizioni militari, religiose e cultuali, tra Medioevo e Rinascimento in “Manoscritti miniati nella biblioteca del duca Andrea Matto III Acquaviva d’Aragona”, a c. e con Introduzione di C. Lavarra, traduzione dal tedesco di G. A. Disanto con saggi di C. Lavarra, C. Corfiati e F. Tateo, Centro ricerche di storia ed arte Conversano Ministero per i Beni e le attività culturali Dipartimento FLESS Università egli studi di Bari ‘A. Moro’, collana ‘Gli Acquaviva tra Puglia e Abruzzi n.1’ direttori della collana C. Lavarra A. Spagnoletti e F. Tateo, Congedo, Galatina 2013, pp.11-52. Per l’albero genealogico degli Acquaviva d’Aragona, cfr. G. Bolognini, Storia di Conversano dai tempi remoti al 1865, corredata di documenti e tavole genealogiche, Bari 1935, tavole IV-VII.

7 Cfr. G. Cherubini, Andrea Matteo III, Acquaviva e la sua cappella nella chiesa cattedrale di Atri, Memorie storico-artistiche, Tipografia Lorenzo Citi, Pisa 1859.

8 Prof. Can.co Cav. dottore in lettere Giuseppe Bolognini, Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona  in “Storia di Conversano dai tempi più remoti al 1865 corredata di documenti e di tavole genealogiche”, Canfora, Bari 1935, XIII anno dell’era fascista, pp.124-125.

11 Per l’origine del toponimo ‘Conversano’ cfr. S. Jatta, L’origine del toponimo ‘Conversano, in “Nugae eruditae”, in corso di Pubblicazione e Id., «Cupersanensis» e/o «Conversanensis» ovvero ‘Conversano’ in “Nugae eruditae” in corso di pubblicazione.

12 Cfr. F. S. Jatta, L’origine del toponimo ‘Norba’, in “Nugae eruditae” in corso di pubblicazione.

13 Cfr. G. Alessio, Appunti sulla toponomastica pugliese, in “Iapigia”, n. 13, 1942, p.178 cito da C[arla] M[arcato], lemma Conversano in “Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani”, p.266.I colonna.

16 Frezza, Antonio (Aversa 1520; Napoli 1517 – 1526) Prope magnam curiam Vicariae (Napoli); a canto alla Vicaria nele case de meser Vicenzo setarol (Napoli); ubi magni iusticiarii regitur curia (Napoli); in aedibus illustriss. viri Andreae Matthaei Aquiuiui Hadrianorum Interamnatumque ducis (Napoli). Sul frontespizio dei volumi sino a noi giunti, Antonio Frezza ha indicato le seguenti sottoscrizioni: Antonio Freza; Antonius de Frizis Corinaldensis; Antonio Friza de Corinaldo; Antonius Frizius; Antonius Frizius Corinaldensis; Antonius Fretia Corinaldinus; Antonius de Fritiis Corinaldinus; Antonius de Friciis; Antonius de Frixis Corinaldensis. E quale suo indirizzo, invece: Prope magnam curiam Vicariae (Napoli); a canto alla Vicaria nele case de meser Vicenzo setarol (Napoli); ubi magni iusticiarii regitur curia (Napoli); in aedibus illustriss. viri Andreae Matthaei Aquiuiui Hadrianorum Interamnatumque ducis (Napoli), cfr. Pietro Manzi, La tipografia napoletana del ‘500 (1503-1535). Annali di S. Mayr - G.A. De Caneto - A. De Frizis - G.Pasquet De Sallo (1503-1535), Olschki, Firenze 1971). Nel 1526 Antonio Frezza trasferì la propria officina tipografica nel palazzo napoletano che degli Acquaviva d’Aragona possedevano a Napoli e che sorgeva a San Pietro a Maiella. Infatti in calce alle sue edizioni, a partire dal 1526, Frezza imprime la dicitura “in aedibus illustriss. viri Andreae Matthaei Aquiuiui Hadrianorum Interamnatumque ducis, Napoli (cfr. “Dizionario dei tipografi e degli editori italiani. Il cinquecento” diretto da Marco Menato, Ennio Sandal e Giuseppina Zappella, collana “Grandi opere n. 9”, Bibliografica Editrice, Milano 1997). La tipografia di Antonio Frezza, quindi come è da tempo ampiamente documentato (cfr. Pietro Manzi, La tipografia napoletana del ‘500 (1503-1535). Annali di S. Mayr - G.A. De Caneto - A. De Frizis - G.Pasquet De Sallo (1503-1535), Olschki, Firenze 1971), non era stata impiantata, come si è a torto spesso sostenuto (cfr.  G. Bolognini, U. Panarelli, etc. e la questione è stata affrontata e quindi risolta da Antonio Fanizzi per cui cfr. A. Fanizzi, La tipografia di Andrea Matteo Acquaviva, in “La Forbice”, n.17, a. 1980). Sulla questione se l’introduzione dell’arte tipografica nel Meridione (e a Napoli in particolare) si possa, o meno, e in che termini: ricondurre all’indirizzo umanistico e se poi è stata proprio la cultura umanistica ad appropriarsi di quel nuovo strumento di divulgazione culturale che è la stampa tipografica si cfr. quanto in proposito ha accennato anche Francesco Tateo (cfr. F. Tateo, Feudatari e umanisti nell’impresa tipografica in “Chierici e feudatari nel Mezzogiorno”, Laterza, Bari 19, pp. 69 - 114). Il 1519 inizia il rapporto che unisce le fortune del tipografo Antonio Frezza al conte Andrea Matteo III Acquaviva. Infatti porta la data dell’8 novembre del 1519 l’«Officium pro cunctis diebus dominicis» opera scritta da Andrea Matteo Acquaviva e composta con i tipi di Frezza. A partire dal 1519 inizia un rapporto che è destinato a durare sino alla fin dell’attività di tipografo di Frezza. Nel 1523 Frezza stampa la seconda edizione dell’«Officium pro cunctis diebus dominicis». Del 1526 è, invece, la stampa -sempre per i tipi del Frezza - della traduzione in latino e quindi del commento del “De virtute morali” di Plutarco che redatto Andrea Matteo Acquaviva. Ancora una volta il Frezza si dimostra tipografo di straordinari abilità e classe. Infatti per il “De virtute” usa per la prima volta sistematicamente i caratteri greci. In precedenza a Napoli i caratteri greci erano stati usati, ma solo in modo sporadico, in alcune edizioni del Mayr e da Caterina De Silvestro. In tutte le sue altre edizioni Frezza usò in modo prevalente caratteri romani, in grande varietà di corpi. Qualche volta fece ricorso ai caratteri gotici, ma non usò mai il corsivo.

17Cfr. A. Cadioli, Dall’editoria moderna all’editoria multimediale. Il testo, l’edizione, la lettura dal Settecento a oggi, Milano, Unicopli, 1999; C. Demaria e R. Fedriga, Il paratesto, Milano, Sylvestre Bonnard, 2001; U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, prima ed. 1979, Milano, Bompiani, 2002; G. Genette, Palimpsestes: la littérature au second degré, Paris, Seuil, 1981 [tr. it. di Raffaella Novità, Palinsesti: la letteratura al secondo grado, Torino, Einaudi, 1997]; G. Genette, Seuils, Paris, Seuil, 1987 [ed. it. a cura di Camilla Maria Cederna, Soglie. I dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989]; R. Grandi, I mass media fra testo e contesto. Informazione, pubblicità, intrattenimento, consumo sotto analisi, Milano, Lupetti & Co., 1992; M. Di Fazio, Dal titolo all’indice. Forme della presentazione del testo letterario, collana “Nuovi saggi n. 107”, Pratiche Editrice, Parma 1994; A. Huber, Paratexte in der englischen Erzählprosa des 18. Jahrhunderts [PDF 1.5 MB] (Magister Artium). Monaco di Baviera, Ludwig-Maximilians-Universität München, 1997; P. Lejeune, Le pacte autobiographique, Paris, Seuil, 1975; B. Osimo, Manuale del traduttore, Milano, Hoepli, 2003; L. Müllerová, Reklamní aspekty sekundárních knižních textů v devadesátých letech 20. století (Tesi di laurea), Masarykova universita Brno, 2009. M. P. Pozzato, Semiotica del testo. Metodi, autori, esempi, Roma, Carocci, 2001; A. Semprini, Analyser la communication. Comment analyser les images, les médias, la publicité, Paris, L'Harmattan, 1996 [trad. it. di Adriana Soldati, Analizzare la comunicazione. Come analizzare la pubblicità, le immagini, i media, Milano, Franco Angeli, 1997]; A. Semprini (a cura di), Lo sguardo semiotico. Pubblicità, stampa, radio, Milano, Franco Angeli, 1990; G. Stanitzek, Texts and Paratexts in Media, trans. Ellen Klein, in: Critical Inquiry 32,1 (Autumn 2005), 27-42; I dintorni del testo. Approcci alle periferie del libro. Atti del convegno internazionale, Roma, 15-17 novembre 2004 Bologna 18-19 novembre 2004, a c. di M. Santoro e M. G. Tavoni, voll. I e II, collana ‘Biblioteca di «Paratesto» n.1’, Edizioni dell’Ateneo, Roma 2005.

 

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Introduzione
  
Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano
Collana
Crescamus 22

Una massiccia torre poligonale viene edificata a difesa dell'angolo sud-est del castello di Conversano. Siamo negli ultimi anni del XV secolo quando la minaccia turca costringe gli aragonesi a operare interventi di adeguamento sui castelli ormai divenuti obsoleti con l'avvento della polvere da sparo. La torre è posta a difesa dell'accesso al castello divenuto uno dei punti deboli dell'intera struttura.
I rilievi effettuati nel 2010 grazie a una convenzione tra l'Amministrazione Comunale di Conversano e il Dipartimento DICAR del Politecnico di Bari, hanno permesso di effettuare uno studio approfondito sull'originario sistema di accesso al castello di cui si era persa memoria a causa delle trasformazioni avvenute in epoche successive. Nello stesso tempo si sono fatti passi in avanti nella conoscenza della complessa struttura della torre poligonale che si sviluppa su tre distinti livelli, ognuno con le proprie direttrici di fuoco.
La torre è pensata come una macchina da guerra autonoma con un accesso esterno e con all'interno tutte le funzioni per consentire a una guarnigione sotto assedio di sopravvivere anche per periodi relativamente lunghi. Nonostante la funzione specialistica dell'opera, gli ingegneri militari e le maestranze che vi hanno lavorato, realizzano un manufatto di grande pregio architettonico con soluzioni di pregevole livello estetico e innovative dal punto di vista tecnologico.

 

Arc. Paolo Perfido
Scheda bibliografica
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Autore Paolo Perfido
Titolo Una macchina bellica del sec. XV: la torre poligonale di Conversano
Editore A.G.A. Alberobello
Prezzo s.p.i.
data pub. luglio 2016
In vendita presso:
Emmaus - Conversano 
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La musica nei conventi e monasteri di Conversano
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Recensione
  
Collana Crescamus 19

In attesa



 

 

 
Scheda bibliografica
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Autore Claudio E. Del Medico e Donato D'Attoma
Titolo La musica nei conventi e monasteri di Conversano
Progetto grafico Arti Grafiche - Alberobello
Prezzo s.p.i.
data pub. marzo 2014
In vendita presso:
Coop. Armida Conversano
Telefono: +39 080 4959510
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