Le Carte Bruciate
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Prefazione
  
Lettere, Editti, e Stampe della Peste
di Noja del 1815 - 1816 Raccolti e
Trascritti da Vito Didonna

Il 23 novembre del 1815 a Noicàttaro, in provincia di Bari, moriva «un giardiniere chiamato Liborio Didonna senza conoscersi la sua malattia»: si trattava, in realtà, della prima vittima di una devastante epidemia di peste bubbonica che sarebbe passata alla storia come l'ultimo, grande episodio dell'intera Europa occidentale, confermando quasi una sorta di triste primato pugliese nella diffusione del terribile morbo.
Di fronte al quale la scienza medica per secoli dimostrò la propria inadeguatezza, da un lato ignorandone le cause, dall'altro suggerendo consigli e «rimedi» che il più delle volte risultavano inefficaci, se non addirittura dannosi. Anche per questo a partire dall'epidemia del 1691-92, che colpì con particolare violenza numerosi centri del Sud-Est barese, si pensò di passare alle maniere «forti» ovvero di costruire intorno ai territori contagiati e sospetti veri e propri «muri della peste» per impedire qualsiasi forma di contatto tra le popolazioni colpite e quelle immuni.
Si affermò, insomma, una logica militare e poliziesca che finì per chiudere una delle poche vie di scampo praticabili, ovvero la fuga dalle città e dai luoghi appestati. «Fuggi presto, va più lontano che puoi e torna il più tardi possibile», recitava infatti un noto «adagio» dell'antica trattatistica medico - scientifica destinato così a soccombere di fronte al concetto «moderno» di quarantena e di lazzaretto, all'introduzione della pena di morte per quelli che non rispettavano leggi e regolamenti Ai sanità» e che soprattutto tentavano disperatamente di fuggire.
In realtà, anche Noicàttaro nel 1815-16 non riuscì a sottrarsi a questa «logica» crudele e spietata che lasciò segni profondi e indelebili nella comunità cittadina chiamata, dopo la fine del contagio, a «spurgare» tutto quello che aveva avuto un rapporto, diretto o indiretto, con la malattia. Furono infatti bruciati mobili e suppellettili, abiti e stracci, quadri e arredi delle chiese, libri e carte di ogni genere: una sorta di «furore» collettivo con il quale si intendeva allontanare definitivamente il «male» e che contribuì non poco a cancellare importanti, -preziose testimonianze di quei tragici eventi.
A colmare in parte questa lacuna, a ricostruire da vicino episodi e personaggi della peste nojana hanno pensato due studiosi locali, Vito Didonna e Filippo Affatati, con una raccolta di documenti «Le carte bruciate» così chiamate perché i manoscritti recano aloni di bruciature causate da complicate e fumose forme di disinfezione consistenti soprattutto nell'uso di aceto, della paglia accesa e di vapore a base di acido muriatico.
Tra gli editti e i manifesti, i dispacci e i provvedimenti di polizia, che Affatati e Didonna hanno acquistato in mercatini, librerie antiquarie e aste pubbliche, risultano particolarmente -interessanti due lettere inviate dal Tenente Diaz, capo della commissione di salute, all'Intendente della Terra di Bari: nella prima comunica di aver fatto erigere «al più meglio possibile il cordone», lamentando tra l'altro l'insufficienza dei «posti» destinati alle sentinelle, del «legname e del ferramento» necessari alla costruzione delle baracche e delle garitte per le truppe; nella seconda scrive che «l'ospedale dei Cappuccini manca di tutto particolarmente di paglioni, lettiere» e che i sindaci dei comuni limitrofi tardano a inviare gli aiuti: «da tre giorni -lamenta- non ho ricevuto che trenta tomoli di grano, dei barili di vino e dieci montoni».
Difficoltà e problemi analoghi incontrano altri «funzionari di polizia»: in una missiva del 31 dicembre il comandante del circondario comunica allo stesso Diaz che un facoltoso proprietario terriero, che ricopre tra l'altro la carica pubblica di decurione, non solo non ha voluto cedere il «ratizzo» di un tomolo di grano «onde sollevare gli infelici cittadini di Noja», ma come un «leone stizzato» ha «eccitato allarme al popolo a non volere ubbidire».
Al disagio e allo sconforto dei responsabili del cordone militare si aggiungono le preoccupazioni dei medici del comitato sanitario, i quali il 4 gennaio del 1816 affermano di non aver più alcun dubbio sul carattere fortemente contagioso della malattia che, dopo aver colpito la «sola classe dei meno agiati, comincia ad attaccare quella dei proprietari, trovandosene al momento già una famiglia infetta»; qualche giorno più tardi aggiungono che nell'«ospedale pestifero sono stati rinvenuti tre morti delli quali vi è il becchino morto col bubbone, e gli altri contagiosi e che nelle strade accade frequentemente di vedere corpi di «morti violentemente».
Ancora più eloquente una lettera inviata dal maresciallo di campo Ruberto Mirabelli all'Intendente con la quale si accetta la richiesta fatta in precedenza dal «servo di pena Giovanni Antonio Notarangelo di Putignano che si è volontariamente offerto a servire l'ospitale pestifero di Noja durante il bisogno, purché se gli accordasse il perdono di quindici altri mesi di pena».
E mentre qualcuno pensa addirittura di riacquistare speranza e libertà assistendo gli appestati, altri, ugualmente sani, vi trovano la morte per aver violato la «pubblica salute»: «Mediante la forza militare imponente, le cautele tutte sanitarie, e l'assistenza chiesastica, alle ore diciotto di quest'oggi, si è di già eseguita la sentenza dì morte nelle persone del sacerdote ex monaco Raffaele Di Donna, del Serg. Giuseppe Di Antonio e del Soldato Ferdinando Levis, rei di violata pubblica salute, senza il minimo disguido sia all'intero che per l'esterno. 1 di loro cadaveri sono stati sepolti nel campo santo a norma dei pestiferati, e le vestimenta bruciate nel medesimo luogo pubblicamente».
La condanna, narra Vitangelo Morea nella Storia della peste Noja (Napoli 1817), fu eseguita nella «comune tristezza» e nelle immediate vicinanze del doppio cordone e dei due profondi fossati che isolarono a lungo la popolazione di Noja. La quale potè festeggiare il ritorno alla libertà solo il I° novembre del 1816 con una pubblica cerimonia e con la celebrazione del Te Deum in una chiesa «spogliata degli suoi ricchi arredi», ma «animata dalla presenza di molto popolo divoto, florido e pulitamente vestito, dalla truppa, dà debellatori della nefanda peste»: su tutti i fortunati superstiti potevano finalmente trionfare l'infinita «Misericordia del Signore» e l'enorme, rassicurante «effigie del re, innanzi a cui splendevano grossi torchi, onusti di gratitudine e di rispetto».

Pietro Sisto
Scheda bibliografica
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Autore Vito Didonna - Filippo Affatati
Titolo Le Carte Bruciate
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. aprile 2006
In vendita presso:
tel. 080.4745480 cell. 392.5414875
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Animanojana
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Recensione
  
La storia di un teatro in Puglia

Vito Didonna, è da anni presente sulla scena politica e culturale del nostro paese. Assessore alla cultura negli anni '70, come responsabile del Gruppo d'Impegno Civico ha promosso ricerche storiche e fotografiche sugli edifici rurali, religiosi e civili nel nostro territorio. Ha collaborato al settimanale "Il Crivello" di Saverio Abbruzzese.

Nel 2005, dopo anni di ricerche, ha pubblicato "Le Carte Bruciate", raccolta di documenti, sulla peste di Noja. Quest'anno propone finalmente un lavoro di puntigliosa indagine sulla storia del teatro cittadino con un congruo numero di documenti originali, dal 1831 al 1976.

C'è in questo libro un percorso orientato, compatto sui temi e motivi anche di cronaca quotidiana che, in tanti e tanti anni, hanno accompagnato la vita del nostro Teatro e, nel contempo, filtrata dalla scrittura, una espansione di emozioni che vengono fuori dall'analisi stessa, meticolosa e talvolta accorata, della "documentazione" che l'Autore ha raccolto con la certezza di risvegliare molteplici interpretazioni e/o giustificazioni per tanti "perché", ancor oggi, un "luogo della memoria", uno dei pochi per noi nojani, non è stato ancora recuperato.

Del resto Vito Didonna fa parte di quegli studiosi che hanno tutte le carte in regola e gli strumenti culturali per farci comprendere, con l'ausilio stesso di "documenti" che la storia, anche quella di un teatro, va indagata non per curiosità - come affermava lo storico Gabriele Pepe - ma per spiegarsi il mondo nel quale viviamo e nel quale vogliamo operare... e, aggiungo io, poter ritrovare le nostre radici.

Un libro da leggere, questo, da rileggere e da conservare per successive riflessioni anche in comunione con il tempo presente e, per un attimo, forse poter cogliere il fascino della contemplazione idealizzata del passato e, con esso le nostre stesse radici.

 

Rosa Didonna
Scheda bibliografica
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Autore Vito Didonna
Titolo Animanojana
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. novembre 2006
In vendita presso:
tel. 080.4745480 cell. 392.5414875
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I misteri di palazzo Santoro
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Introduzione
  
Storie di palazzi e famiglie a
Noicattaro nell'800

Cari lettori, il presente lavoro è in parte il frutto di una ricerca pubblicata tempo fa sul "Crivello " di Saverio Abruzzese.

In quell'occasione mi interessai degli affreschi, dipinti, plafoni e carta da parati presenti nei palazzi e nelle abitazioni della borghesia nojana dei primi anni del Novecento collegandoli alla espansione edilizia ed economica del nostro paese. Ebbi modo all'ora di realizzare una serie di rilievi fotografici di soggetti oggi purtroppo scomparsi ed anche di raccogliere documenti e testimonianze orali dalle famiglie proprietarie degli immobili.

E riuscii a comprendere la passione e l'amore che nel passato hanno condotto a produrre queste opere di piccola arte: dimenticare la nube oscura della peste del 1815, affermando in questo modo la forza di una vita che riprendeva gioiosa ed eterna, non più racchiusa in due soli certi e inconfutabili avvenimenti, la nascita e la morte, ma che si espandeva naturalmente nella ritualità familiare e sociale della nostra gente.

Per il suddetto motivo ritengo che questa piccola arte domestica possa avere la stessa importanza di tanti altri documenti storici verso cui nutrire grande rispetto, per interpretarli, raccogliere brandelli del nostro passato, strappando così quelle notizie che la tradizione orale non può più darci.

E in questo senso ultimamente sono stati fatti passi avanti rispetto ai tempi di Morea, di Roppo e Sebastiano Tagarelli, gli storici classici del nostro paese.

Michele Sforza, con un lavoro di grande pazienza su vecchi testi ha prodotto testimonianze validissime su personaggi che hanno animato l'ambiente culturale nojano tra il '600 e il '700.

E Giacomo Settanni, epico e infaticabile, sulle coste dalmate ha cercato una risposta all'enigma dell'attuale toponimo del nostro paese.

E in questo territorio così infido e problematico come l'esame dei documenti, si è cimentato anche l'architetto Leonardo Petrosino, di cui mi pregio ospitare un suo illuminato lavoro, analizzando la struttura del Palazzo Santoro inteso quale palinsesto di se stesso, con conclusioni interessanti che ipotizzano per la sua progettazione la stessa mano che ha realizzato a Mola la Chiesa di S. Chiara e Palazzo Roberti.

E così, con queste mie piccole riflessioni, ritenendo di aver fatto cosa utile per la storia del mio paese e ringraziando gli amici che hanno permesso la pubblicazione di questo lavoro, auguro a tutti un Buon Natale.

 

Vito Didonna
Scheda bibliografica
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Autore Vito Didonna
Titolo I misteri di palazzo Santoro
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. dicembre 2007
In vendita presso:
tel. 080.4745480 cell. 392.5414875
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L'ultimo duello
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Presentazione
  
Norimberga 1683
il Conte di Conversano Giulio 2°e il Duca di Noja Francesco Carafa
si affrontano per 
l'ultima sfida...
Tratto da documenti 
originari tedeschi
del duello

“La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, nunzia dell’antichità”, asseriva Cicerone e ogni qualvolta viene pubblicato un romanzo o un libro sulla storia locale, questa espressione prende corpo e riceve piena condivisione.
Il prof. Vito Didonna con il suo libro “ L’ultimo duello” ha voluto mettere in evidenza uno spaccato della storia locale, scrivendo in merito ad un episodio molto particolare e forse non molto conosciuto, nella sua interezza, da molti.
Mette innanzitutto  in luce  la storia delle due contee di  Conversano e dell’antica Noja e, con il duello tra il Conte di Conversano, don Giulio Acquaviva, e il Duca di Noja, don Francesco Carafa, delinea il profilo, il carattere di due personaggi che predominano e si identificano con il periodo in cui vivono, periodo di lotte, di soprusi e angherie in cui tutto è finalizzato alla supremazia e alla designazione dei confini delle contee, supremazia che in questo caso sfocia in una contesa territoriale per il possesso dei boschi in agro di Rutigliano.
Nell’intento di fornire un racconto dettagliato e documentato, l’autore ha condotto un’attenta e accurata ricerca tra i documenti storici  conservati presso l’Archivio di Norimberga producendo, in tal modo, un capolavoro letterario che è, al tempo stesso, documentario della storia locale e romanzo storico.
Tra le righe, inoltre, si nota il profondo amore per il proprio paese e per il territorio:in alcune pagine egli si duole dello stato attuale dei luoghi protagonisti dell’opera e di cotanti vicende storiche, che non sono stati oggetto di conservazione e di restauro.
Nello scrivere questo documento, l’autore ha preferito la via dell’acrobazia interpretativa con la passione del testimone attento e partecipe dei tempi andati: leggendo il libro nell’ottica attuale si comprende che la storia narrata non è un mero elenco di fatti ma è interpretata come capacità di comprendere e reinterpretare i punti nodali e indecifrabili degli accadimenti.
Siamo certi che per il prof. Didonna non sarà stato facile orientarsi tra le indicazioni degli storici e degli studiosi più antichi né attuare la valutazione dei fatti, tramandata attraverso i secoli e condizionata da troppi filtri e mediazioni.
Ciò che conta è aver attuato una scelta di campo: fornire agli appassionati di storia locale un’opera divulgativa per sollecitare ulteriori approfondimenti settoriali e illuminare il lettore in un viaggio verso la scoperta del nostro Paese, delle nostre radici più vere e profonde.

Conversano 12 Dicembre 2008.

 

Sindaco Avv. Giuseppe Lovascio
l’Assessore alla Cultura Pasquale Sibilia
Scheda bibliografica
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Autore Vito Didonna
Titolo L'ultimo duello
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. dicembre 2008
In vendita presso:
tel. 080.4745480 cell. 392.5414875
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Il destino dei duellanti
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Prefazione
  
 

Qualche tempo fa, nel nostro territorio veniva pubblicata una ricerca storica su un fatto realmente accaduto nel 1673, L’ultimo duello, ambientato a Conversano, Noicattaro e a Norimberga, in Germania. Il libro, scritto da Vito Didonna, proponeva la storia di un duello sulla base di documenti scoperti nell’archivio di Norimberga. La vicenda narrata ha avuto successo tanto da essere rappresentata l’estate scorsa, in forma teatrale, nei comuni di Conversano e Noicattaro. Ora lo stesso autore  ripete l’iniziativa  con Il destino dei duellanti, libro nel quale si ricostruisce la vita dei due protagonisti del duello di Norimberga, don Francesco Carafa di Noja e il futuro conte di Conversano, don Giulio II Acquaviva d’Aragona.
Le vite di questi due nobili feudatari, benché diverse, vissute con sprezzo del pericolo, sono così avventurose da incuriosire il lettore spingendolo a leggere d’un fiato le storie raccontate dallo storico nojano nel suo piccolo e bel libro.
Sopratutto le vicende del conte di Conversano, Giulio II, si presentano così intense da rendere il personaggio affascinante nel bene e nel male: gli amori contrastati, i duelli dai quali usciva sempre vincitore, le prepotenze verso i sudditi, le polemiche con la Chiesa, la misteriosa morte a Nisida, tutto ciò contribuisce sicuramente a fare del conte Giulio un uomo pieno di glamour.
L’altro protagonista del duello di Norimberga, don Francesco Carafa di Noja, salì agli onori della cronaca nera soprattutto per l’episodio del clamoroso sequestro di un naviglio con merce di contrabbando, nel porto di Bari. Successivamente, per dissapori con la famiglia, si allontanò da Noja, diventando a Roma prelato alla corte pontificia.
A margine di queste vicende, l’autore racconta la storia dello scandaloso rapimento, dal Monastero di S. Benedetto di Conversano,di donna Dorotea Acquaviva , da parte del nobile nojano  don Rodolfo Carafa. L’episodio dette luogo ad una bella, intensa, seppure breve, storia d’amore che sfociò nel matrimonio. Un loro nipote, don Giovanni Carafa, diventato duca di Noja, fu l’autore della famosa carta topografica di Napoli.
Sullo sfondo di queste vicende personali, si intravedono alcuni segni caratterizzanti la società feudale del ‘600, nel Regno di Napoli: il difficile rapporto tra sovrano e  baroni, i contrasti con la Chiesa, l’odiosa pressione fiscale spagnola a carico dei sudditi e, non ultima, la piaga del contrabbando.
A conclusione della lettura del volumetto, il lettore non può fare a meno di richiamare alla mente il bel romanzo storico del Manzoni, I Promessi Sposi.
La società feudale del ‘600, in cui è ambientato il romanzo manzoniano, il nobile prepotente feudatario Don Rodrigo, la storia della Monaca di Monza, la peste, tutto questo contesto è presente anche ne’ il destino dei duellanti, in cui si raccontano tante microstorie che, come gli affluenti di un grande fiume, si riversano poi nella grande Storia, illuminandoLa.
Con questo ultimo libro, lo storico nojano Vito Didonna, continua il suo cammino sempre più rivolto a voler ricostruire quella parte della storia della nostra Puglia  ancora sconosciuta, ma  affascinante e densa di mirabolanti avventure.

Filippo Affatati Scenografo teatrale
Scheda bibliografica
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Autore Vito Didonna
Titolo Il destino dei duellanti
Editore Grafica 2P s.n.c. Noicàttaro
Prezzo s.p.i.
data pub. dicembre 2009
In vendita presso:
tel. 080.4745480 cell. 392.5414875
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