“I cani neri possono aspettare” è la prima raccolta di poesie di Annarita Di Palma.
Le quattro sezioni in cui il volume si divide rispecchiano i temi fondamentali della giovane poetessa: l’ipocondria, la femminilità inesplorata, la fascinosa insidia della morte, l’amore non corrisposto, il legame misterioso tra mente e corpo, carne e ragione.
Nonostante la serietà dei temi, però, anche le ferite più profonde rifuggono la staticità atrofica del dolore grazie all’assunzione di una prospettiva ironica e irriverente, capace di depotenziare il male e guardarlo esattamente per quello che è: un’immagine, una proiezione mentale, uno scorbutico compagno di vecchia data.
Se nelle prime tre sezioni i temi dell’inadeguatezza e delle paure esistenziali vengono esplorate in chiave ora colloquiale, ora surreale, ora sorprendentemente tenera, l’ultima sezione, che dà il titolo all’intera raccolta, rappresenta l’ultimo tassello di una favola personale in cui non esistono più malvagi antagonisti pronti all’annientamento ma soltanto un “io”, solitario e universale, che accetta di deporre le armi davanti all’obliquità luminosa e sfaccettata dell’estistenza umana.
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