Siamo già al termine del 17° anno e sono sempre più convinta che la L.U.T.E. non è un’Associazione come tante altre, ugualmente valide, perché è innanzitutto una “Scuola per adulti”. Infatti oltre all’obiettivo socializzante ne ha tanti altri e cioè: produrre stimoli nuovi e continui, offrire delle occasioni, nonostante l’età che avanza, per aumentare e consolidare le conoscenze, provocare cambiamenti per l’autostima e stare bene con sé e con gli altri.
Sono tante le opportunità che vengono date ai soci corsisti; ognuno sceglie quelle che maggiormente soddisfano i propri interessi e le proprie curiosità. Le aule sono sempre affollate e le lezioni permettono loro di riflettere, di confermare, di condividere anche parzialmente ciò che il docente egregiamente, anche con l’uso di sussidi multimediali, cerca di comunicare.
L’aula del professor Pietro Pellegrino, docente di Scienze e Studio del Territorio, sin dal primo anno di istituzione della L.U.T.E., il lontano 2001, è sempre gremita perché i molteplici argomenti che tratta infondono un particolare interesse che si tramuta in amore verso le varie problematiche che interessano direttamente l’uomo e il territorio che abita. Da parecchi anni le lezioni vertono sull’alimentazione, sul rapporto tra alimentazione e acqua, tra acqua e corpo umano, tra acqua, territorio ed economia.
La riflessione sì è focalizzata quest’anno sull’erogazione dell’acqua a Noicàttaro e sulle prime fonti di approvvigionamento, i pozzi e le cisterne, prima dell’arrivo dell'Acquedotto Pugliese. Le ricerche, molto precise e meticolose, frutto di un’immensa passione per la storia e la conoscenza del territorio, hanno dato origine al libro Le cisterne pubbliche di Noicàttaro - Storie e Vicende per la convinzione che la conoscenza del passato è l’espressione della nostra identità e delle nostre radici e che l’acqua è l’alimento più importante della vita. Senza acqua non c’è vita e dalla qualità dell’acqua dipende la qualità della vita. Oggi è facile godere di un bel bicchiere d’acqua, comodamente a casa propria o nel passato recente attingerlo dalla “fontanina”.
Le lezioni hanno mirato ad inculcare il rispetto dell’acqua, a capirne il suo valore, a percepire che è una risorsa scarsa, che va usata con consapevolezza e sobrietà, a diventare consapevoli che l’acqua è un diritto che integra il diritto alla vita, che è un gigantesco problema ambientale, il quale ha a che fare con la nostra capacità di preservarla, di catturarla, di addurla, di trasformarla e di bonificarla.
Le visite guidate alle sorgenti del Sele, al Museo dell’acqua, al Museo delle Macchine di Leonardo e al Parco Fluviale hanno permesso di conoscere il lungo viaggio che fa l’acqua per arrivare a noi.
L’arrivo dell’acqua del Sele a Bari il 24 aprile 1915 e successivamente in ogni angolo della Puglia fu accolto in un memorabile e gioioso tripudio di emozioni perché si riteneva finita l’epoca della scarsità e della siccità. Le generazioni attuali e future non devono dimenticare che la storia dell’acqua è soprattutto la storia dell’umanità “polverosa” e dolente e, nello stesso tempo, fiera e battagliera, ma anche la storia di una intera generazione di uomini e donne, che hanno fatto dell’Acquedotto Pugliese uno dei più cospicui riferimenti nel settore aziendale e, ancor di più, uno dei vessilli più alti della storia civile e sociale dell’intero Meridione dell’Italia.
La “fontanina” dell’Acquedotto Pugliese è un simbolo storico che va preservato perché nella maggior parte dei paesi non esiste più.
Pietro Pellegrino nel libro ha tracciato un percorso storico della situazione socio-economica di Noja partendo dal ‘500 e ‘600, periodo in cui l’incremento demografico e il crescente fabbisogno idrico avevano spinto i Pappagoda, i Signori di Noja, a costruire le prime cisterne pubbliche.
L’assenza delle risorse idriche naturali e i lunghi e frequenti periodi di siccità avevano indotto gli abitanti a costruire in casa o in paese pozzi e cisterne di acqua piovana per l’uso domestico e a predisporre nelle campagne piscine e piloni per l’uso agricolo.
I disegni, i grafici, le fotografie, i documenti hanno delineato molto bene la distribuzione dell’acqua a Noja con la presenza di 15 cisterne pubbliche e 1400 pozzi privati e tutte le difficoltà inerenti alla costruzione e alla manutenzione. Una descrizione dettagliata delle cisterne pubbliche con riferimenti precisi all’ubicazione, alla forma (la maggior parte a campana), alle modalità progettuali e conservative e alla pulizia per i depositi delle acque meteoriche, quest’ultima necessaria per evitare la diffusione di malattie infettive. Numerosi provvedimenti socio-sanitari decisero di abbandonare molti pozzi e di riempirli con pietre e terriccio di fronte ad evidenti inquinamenti. Uno studio approfondito ha fornito notizie che hanno riportato alla mia memoria ricordi, situazioni, detti, che ho vissuto direttamente. Non posso dimenticare i piloni in campagna di via Incoronata, in cui molte volte nuotavano serpentelli o bisce che suscitavano una paura terribile e grida d’aiuto, o le “piscine” di via Mola a cielo aperto, dove mia zia mi portava perché doveva irrigare gli ortaggi con l’acqua torbida, cosparsa di piccole vegetazioni o di muffa ai lati delle pareti.
Nel passato, il lavoro di attingere acqua dai pozzi era molto faticoso. Quante volte la corda dei secchi si spezzava e urgeva l’uso di un rampino, a laop (la lupa) per recuperarli. E quando si faceva il bucato, per riempire u cantr, era messa a dura prova per il continuo saliscendi dei secchi. Le mie braccia hanno conosciuto tale fatica e gioii quando i miei genitori decisero di fornire casa dell’acqua che proveniva dalle tubature dell’Acquedotto. Piccole gioie che delineano un periodo storico caratterizzato da ristrettezze economiche, da sacrifici, da una alimentazione non sempre variegata, da abitazioni semplici con scarse suppellettili e nello stesso tempo le prime avvisaglie di una società e di un paese che stavano cominciando a cambiare.
Nell’ultima parte sono riportati detti e proverbi sull’acqua accompagnati da sapienti didascalie, che sono non solo la saggezza di un popolo, ma anche l’espressione della cultura di un popolo.
Questo libro vuole essere un ulteriore omaggio alla comunità nojana, che certamente saprà apprezzarlo per la scoperta di altri “pezzi”, utili per la ricostruzione della storia di Noja, che merita di essere conosciuta e valorizzata. Sapere chi eravamo ieri e chi siamo oggi ci aiuta a ritrovare la nostra identità e a sentirci autentici nojani.
Un grazie al docente e ai corsisti per averci offerto una storia, resa più avvincente dallo scambio di idee. Erich Fromm, psicologo e sociologo tedesco, così scrive: “La maturità di una persona o di un popolo consiste nell’essere disponibile a dare e a non dimenticare che si potrebbe anche ricevere”.
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