... verrà il sereno
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Presentazione versi di:  Guido Lorusso

  
... verrà il sereno
seconda raccolta di poesie e dipinti

versi ...

Donato Mancini, docente di filosofia presso il Liceo socio-psicopedagogico di Conversano, si è accontentato per innata riservatezza di dipingere e di comporre in una prima fase solo per se stesso e per poche persone a lui vicine e care; poi, a partire dalla metà degli Anni Ottanta è uscito allo scoperto, si è mostrato al pubblico e si è disposto al confronto.

D'altra parte, l'arte, se pure nasce come intimo miracolo del cuore/anima e della ragione/mente, immediatamente dopo vuole comunicazione e pubblicizzazione e spinge pian piano a sviluppare contatti e rapporti con il mondo reale e, in particolare, con le diverse agenzie culturali operanti nel territorio, affinché si giunga ad organizzare e a tessere le necessarie forme di esposizione-diffusione dei prodotti.

Così, Donato Mancini ha tentato le sue prime mosse di pittore nel 1985, nel 1986, nel 1987 e nel 1988 presso la "Pro Loco" di Conversano, sua città natale, presso il locale Museo Civico, posto nell'antico e maestoso ex monastero di San Benedetto ("Monstrum Apuliae") e nella città di Mottola, nell'ambito di una rassegna d'arte e di musica.

Dopo questa intensa stagione, durata circa un quinquennio, ha posto per un po' i remi in barca (lui non è "pescatore di frodo ", ma "inquieto navigante che rema inseguendo il senso oscuro della vita") si è tirato fuori dalla "mischia", si è interrogato sul suo lavoro di artista, ha sentito l'esigenza di riflettere, sperimentare e dipingere di nuovo in solitudine per affinare e definire meglio il suo stile, la sua bibliografica, i suoi colori e la sua poetica: tutto ciò è durato circa un decennio.

Poi, nel 2000, è uscito ancora allo scoperto e ha mostrato i segni di una maturità artistica conseguita tra intenso impegno di studio e di lavoro, tormenti dell'anima e inquietudini esistenziali-amorose. Su queste rifondate basi artistiche ha esposto nuove opere presso la "Pro Loco" di Conversano (anno 2000), nell'Expoarte di Bari, nella prestigiosa galleria Pascali e nella chiesa di San Giuseppe a Polignano a Mare (anno 2001). Quindi, agli inizi di quest'anno ( 2002) ha trovato il modo di organizzare una sua bellissima mostra nel Museo Civico di Rutigliano. Per questa occasione pubblica il volume di poesia e di pittura avente per titolo "Oscillazioni", edito per i tipi della "Stampasud" di Mottola, che si giova, tra l'altro, di un'intensa presentazione stilata dal prof. Vito L'Abbate, già Direttore del Museo civico e della Biblioteca di Conversano, e di un interessante intervento redatto dal critico d'arte prof. Enzo Varricchio (fa pensare il rapporto tra Eros e Thanatos da questi individuato nel libro di Mancini, "doppio ed ibrido, come duale è la natura umana").

Ora, nel dicembre del 2002, Donato Mancini, come un fiume in piena, carico di entusiasmo, di "voglia di fare", di essere e di comporre, affronta e mette a punto con altri suoi dipinti una nuova grande mostra nella chiesa di San Giuseppe in Conversano nell'ambito della rassegna d'arte "Incontri a Sud-Est", curata- organizzata dal Polo Bibliotecario-Culturale (CRSEC BA/15 e Biblioteca Civica "Maria Marangelli"). Ed anche in questo caso, in concomitanza dell'inaugurazione della Mostra, Donato Mancini fa in modo che sia presentato il corrispettivo presente volume-catalogo: questo, intitolato "... Verrà il sereno", contiene una "riflessione" dell'autore su Amore-Eros e sulla ricerca della bellezza, preceduta da questa mia nota introduttiva e da un intervento critico della prof.ssa Francesca Palazzo sull'opera pittorica messa in mostra, e raccoglie in maniera organica le raffigurazioni-riproduzioni dei dipinti esposti, così pure tutte le ultime liriche di Mancini-poeta, sistemate in qualche modo a sostegno e a corredo delle opere pittoriche, come una sorta di "note esplicative dell'anima" dell'artista-pittore.

A riguardo della pittura di Mancini, questa si sviluppa e si snoda lungo tre principali - fondamentali linee direttrici: da un lato, coglie il paesaggio brullo e silente della Murgia; dall'altro, rappresenta il paesaggio fiabesco dei trulli, delle masserie e delle case bianche "sparse" nella madre-terra e nel verde spazio infinito del Sud-Est barese; infine, lasciato da parte il mondo rurale, pone ampiamente in risalto il paesaggio marino della Puglia mediterranea con i suoi lidi, con i suoi porti, con i suoi borghi, con le sue scogliere, con le sue barche e con le sue vele (questo tipo di paesaggio lascia intravedere come in lontananza, sullo sfondo, aspetti, segni, colori e bagliori della cultura magno-greca, di quella romano-latina, di quella arabo-barbaresca e persino di quella veneziana).

Questi paesaggi, privi sostanzialmente di umana animazione (la Murgia brulla, i trulli fiabeschi e i lidi marini) sanno d'arcaico e d'antico, sono quiete e riposo dell'anima dopo le tempeste, le inquietudini, i travagli, gli affanni e i disagi della vita di tutti i giorni; ma sono anche, nel contempo, sogno, speranza, attesa e avventura onirica e diffondono sapori terrigni, odori di salsedine e profumi di brume. Le tinte e i colori delle diverse opere sono tenui, sfumati e pallidi, ma mai freddi e insensati, con prevalenza del rosa, del celeste, del bianco, dell'azzurro, del rosso-terra e dell'ocra chiaro. Sono tinte e colori che richiamano inevitabilmente alla mente le cosiddette "poesie crepuscolari" (già acutamente indicate dal prof. Vito L'Abbate nel primo volume-catalogo di Mancini), quelle cioè di Sergio Corazzini e di Guido Gozzano (questi due, in primo luogo), che personalmente ho tanto amato ed imitato negli anni del ginnasio per i toni, per gli stati d'animo, per le malinconie, per i languori, per le tinte trasparenti, per gli sguardi diafani delle donne/amanti, per le foglie gialle e per i tramonti struggenti e lancinanti.

A riguardo dei componimenti poetici di Donato Mancini, raccolti nel presente volume (l'analisi qui prende necessariamente le mosse anche dalla precedente pubblicazione e si fonda, così, alla fine dei conti su di un corpus poetico alquanto unitario), bisogna dire, in verità, dopo aver ben riflettuto e ponderato, che questi non sono posti in sott'ordine rispetto ai dipinti; tant'è che in fondo si evince che pittura e poesia sono elementi di pari valore artistico e si mostrano lungo lo scorrere delle pagine come espressioni diverse e parallele di una stessa anima.

Nelle sue poesie Donato Mancini si porta appresso senza tregua sussulti e battiti di cuore, tenerezze e fremiti d'amore ed anche assilli, affanni, ansie, incertezze, inquietudini, dubbi, illusioni, tormenti, disagi, speranze. Così, se pure l'artista-poeta si muove ampiamente sulle note di una "certa" disillusione e di un pessimismo di fondo, il suo pensiero e la sua ragione lo spingono a non "perdersi" in un "vano girovagare" di parole, e lo sorreggono, in ultima analisi, il cuore, l'anima, il bisogno di un amore assoluto/totale e la voglia di sentimenti intensi, puri e antichi.

In verità, però, non appare mai ben individuato l'oggetto del suo amore (una donna, forse?), di cui si colgono appena i contorni e i tratti essenziali, più una "ombra riflessa" che le "forme concrete".
Forse l'Amore è anche un pretesto per uscire dal grigiore dei giorni, dalla micidiale routine quotidiana, un pretesto per trovare in qualche modo una fuga dall'ansia e dal "mal di vivere". D'altra parte, nella nostra società moderna supertecnologica, computerizzata, informatizzata e parcellizzata, la vita è diventata tremenda ed impossibile, si sono persi i valori di fondo, quelli forti della tradizione, è scaduto l'amore dello studio, si è diffuso un consumismo sfrenato, massificante e terrificante, il cattivo gusto è diventato moda imperante, i rapporti umani si sono fatti superficiali, la professionalità e la qualità delle persone sono state poste in subordine rispetto alla "furbizia" individuale (quella che porta danaro, "benessere" e il cosiddetto "successo"): allora, è evidente che tutto questo doveva portare, e ha portato, crisi profonda e lacerazioni violente in un soggetto sensibile, amante dell'arte, della cultura e del bello!

In tale contesto, la poesia (cioè il bisogno d'amore) in Donato Mancini è una specie di valvola per trovare forza di vita, una sorta di uscita di sicurezza per produrre energia pulita-esistenziale e per elevarsi sulle bruttezze, sulle aberrazioni di ogni giorno. Tutto questo, per la verità, mi fa tornare alla memoria per certi aspetti "l'Albatros" di C. Baudelaire. In questa famosissima lirica l'albatros, grande uccello degli oceani, è un po' come il poeta: questi è impacciato e a disagio quando si muove tra i problemi, gli affanni e le miserie quotidiane-terrene, ma libero, intenso e accorato quando si mette a poetare innalzandosi nel cielo dell'arte, lungo le vette impervie dell'amore e dello spirito.

A conferma di quanto sopra enunciato va sottolineato che lo stesso Mancini, richiamando Platone, così scrive nella sua Nota d'apertura del volume:"... l'Amore, cioè Eros, soffre, insegue, conquista, perde, riconquista ancora; è l'energia instancabile di chi è afflitto dalla struggente mancanza di qualcosa; è ciò che stimola l'amante e il filosofo alla ricerca e all'evoluzione continua, al costante perfezionamento di sé...". Per Donato Mancini, quindi, l'Amore (cioè la Poesia) è fondamentale spinta per vivere, anzi per sopravvivere, e non a caso fa precedere i suoi componimenti da una stupenda lirica di Pablo Neruda, nella quale si possono leggere i seguenti-emblematici versi di chiusura, che appaiono significativi e decisivi per cogliere appieno la visione dell'Amore nell'arte del nostro autore: "... se a poco a poco cessi di amarmi, cesserò d'amarti a poco a poco./Se d'improvviso mi dimentichi, non cercarmi, che già t'avrò dimenticata./Ma se ogni giorno, ogni ora, senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile,/in me tutto quel fuoco si ripete,/in me nulla si spegne, né si dimentica,/il mio amore si nutre del tuo amore/e finché tu vivrai starà tra le tue braccia senza uscire dalle mie.".

L'Amore per Mancini è catarsi e redenzione insieme: se sente Amore è come rigenerato nello spirito e nel corpo, si impegna con rinnovata energia e con grande interesse tanto nell'arte, quanto nel lavoro e nello studio quotidiani. Così, egli, infatti, scrive nella lirica intitolata "Dipingerò squarci d'azzurro": "Dipingerò squarci d'azzurro fra strie di nuvole scure/quasi mani protese a svellere pensieri dal grigio fondo dell'anima;/farò spiovere fasci di luce a dissipar l'ombra che insidia il mio giorno;/traccerò un caldo raggio di sole che bruci le lucciole fatue e accenda sicure scintille./Non fingerò l'amore quale unica lente di vita:/darò voce a moti del cuore inclinanti a più vero sentire". Questo componimento può essere assunto come una sorta di "manifesto esistenziale" dell'autore.

Ma tutto è sempre molto complicato perché il suo amore ora "è gelida sferza di tramontana che intorpidisce il volto", ora è "gonfia schiuma di cresta selvaggia che batte allo scoglio", ora "indecifrabile appiglio d'un difficile viaggio che intriga e scoraggia" (dalla lirica "Verrà il sereno"). Mancini vorrebbe che la sua vita fosse "sintonia di cuore e di ragione", ma gli rimane sempre una "non risolta sete d'amore", accompagnata da una indefinita e tormentata ricerca di se stesso (cioè della propria identità), la quale talvolta si stempera, si placa e s'acquieta nelle tinte leggere e nei colori tenui dei suoi paesaggi, sospesi tra mare, terra e cielo, come tra sogno e realtà.

Guido Lorusso
Conversano, 11 novembre 2002

Presentazione dipinti di: Francesca Palazzo

  
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seconda raccolta di poesie e dipinti

... e i dipinti

Mi sono ritrovata a salire l'ultima rampa di scale per accedere alla mansarda, luogo delle “meditazioni” di Donato, caro e sincero collega, amico ormai da tanti anni. Adesso però vuole troppo: mi chiede una recensione scritta sulle sue opere. Lui, filosofo, profondo disquisitore di pensieri, vuole da me una recensione: il compito mi preoccupa un po’, ma mi lusinga. Ce la metterò tutta.

Arrivati nell'ampia stanza, colgo dalle diverse finestre la campagna circostante: è una bella giornata di sole, i raggi inondano l'ambiente; quante aperture, quanti scenari. Mi volto e, improvvisamente, sembra che il sole sia scomparso. Non capisco!

Mi giunge la voce di Donato: - “Allora, cosa ne pensi?”
Spaesata, cerco di risistemare tutto intorno a me: ma le antenne paraboliche, i pali, i fili elettrici e telefonici che fine hanno fatto?

Nel vasto ambiente, spartanamente arredato, le finestre dell'anima hanno tentato uno strano gioco: i dipinti, disposti lungo le pareti, con quelle cornici argentee, sembra vogliano giocare la carta dell'ambiguità.

Ristabilita la verità, mi accingo ad esaminare le ultime opere di Donato. Sono certamente sue, si riconosce il suo stile, è quello della persona dall'intensa esperienza artistica, che, sotto la coltre della soffusa atmosfera, cela i tumulti dell'anima e afferma la sua pazienza nella continua ricerca di un messaggio non da distribuire, ma per se stesso.

Il paesaggio è sempre il tema dominante: affonda le sue radici nell'indagine della vita stessa e della sua sostanza; un paesaggio silente, registrato con un linguaggio pittorico apparentemente di tutto riposo, dove, però, trascorre l'inquietudine, l'ossessione. L'espressione, per Donato, è trascrizione sentita e pensata, un'esperienza, una ricerca, un lavoro insomma in cui il gusto e la tecnica stessa si coniugano con la gioia dell'esito finale: non una semplice operazione tecnica, ma emozioni irripetibili, nel momento in cui i segreti traguardi della strada dell'arte non siano stati raggiunti. Una tela è posata lì sul tavolo di lavoro, con quella particolare imprimitura di sabbia, pronta a catturare un altro scenario, per farlo durare nel tempo. - “E' lì da un po' di giorni; non riesco a realizzare o ripetere certi effetti cromatici” - mi dice.

Mi soffermo ad analizzare gli elementi formali delle opere e rileggo quella stesura compositiva connessa alle soluzioni di spazio e forma, i rigidi teoremi costruttivi, quel velo metafisico dissolto in alcuni paesaggi e li ritrovo come il risultato di un cuore che palpita nella trascrizione di una remota realtà, priva di connotazioni contemporanee, in cui la vita, avvolta nelle tonalità dei verdi e degli azzurri, continua. Viene percepita dall'effetto della candida calce e nell'ordine dell'arioso scenario naturale con quelle umili case che, ovunque si trovino, a valle, lungo una scogliera, in cima ad un'altura, non sono mai sole, si tengono per mano, corazzate nella verità dei valori, così come si muovono in gruppo le variopinte vele su un mare di raffinate trasparenze.

Mentre continuo ad interrogarmi sui valori espressivi dei dipinti di Donato, mi rendo conto di essere già fuori, immersa nel verde in una giornata calda ed assolata.

In segno di amicizia.

Francesca Palazzo
Mola di Bari, 3 novembre 2002
Scheda bibliografica
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Autore Donato Mancini
Titolo ... verrà il sereno
Editore Stampasud Mottola (Ta)
Prezzo € 12,00
data pub. dicembre 2002
In vendita presso:
Donato Mancini cell. 329 496 6437
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