Benvenuti a Turi 


Nel territorio di Turi la presenza dell'uomo è documentata sin dal Neolitico: a questo periodo si devono riferire alcuni manufatti litici rinvenuti in prossimità dell'attuale abitato. Si tratta di reperti sporadici, che possono essere riferiti alla presenza di un abitato o alla frequentazione dell'area da parte di comunità neolitiche portatrici di un'economia di tipo produttivo.
All'Eneolitico o età del Rame si riferisce invece un importante insediamento scoperto in località Lama Rossa, verso Rutigliano, mentre all'età del Bronzo si possono ricondurre alcune testimonianze scoperte in prossimità di via la Quacquera, a sud dell'attuale abitato; in località Trisore, in prossimità di Masseria Moretto e a Frassineto, vicino alle Masserie Annunziatella e Ospedale.
Nel corso della prima età del Ferro si svilupparono a Turi piccoli villaggi di capanne che, a seguito di una crescita demografica, avvenuta tra il VII-VI secolo a.C., cominciarono ad evolversi in un grande abitato peuceta, esteso su una superficie di circa 25 ettari. L'abitato peuceta, circondato da diverse cerchie murarie, era formato da un'acropoli, dove erano ubicati gli edifici pubblici e di culto e dove risiedeva l'aristocrazia locale, e dall'abitato vero e proprio, dove risiedeva gran parte della popolazione.
L'abitato peuceta è da identificare verosimilmente con la Thuriae citata da Tito Livio. Dell'abitato peuceta e delle relative necropoli sono giunte testimonianze di grande interesse, custodite nei Musei di Bari, Taranto e Conversano, e resti strutturali di antiche abitazioni, visibili in via Castellana Grotte.
Nel Museo Archeologico di Bari si possono ammirare alcuni importanti corredi tombali ed un pregevole cratere attico a figure nere, rinvenuto nel 1932 in via Fiume. Altri reperti sono esposti nel Museo Civico di Conversano. Nel territorio di Turi sono inoltre documentati altri piccoli insediamenti peuceti in località Trisore, presso masseria Moretto e a Frassineto, vicino alla Masseria Ospedale.

Età romana

In età romana, l'abitato peuceta di Turi risulta abbandonato, resterà disabitato per circa un millennio. Il territorio di Turi ha, nonostante ciò, restituito alcune preziose testimonianze di età romana. Di particolare interesse è l'iscrizione sepolcrale della liberta Philona, scoperta alla fine del Settecento sulla via per Putignano. L'iscrizione relativa ad una liberta degli imperatori flaviattesta la presenza a Turi di possedimenti imperiali. In località Trisore, sulla strada per Gioia del Colle, e in località San Giuseppe, sulla strada per Conversano, è documentata la presenza di due grandi ville rustiche abitate ininterrottamente dall'età repubblicana al tardoantico. Una fattoria di piccole dimensioni è, inoltre, attestata, in prossimità di Masseria Parco la Chiesa.

Medioevo ed età moderna

Nel corso del Medioevo, in prossimità dell'antico abitato peuceta di Turi, fu costruita una chiesetta rupestre a doppia cupola, poi dedicata nel 1505 a S. Rocco. L'impianto del nuovo abitato risale verosimilmente all'alto Medioevo, come attestano diversi reperti Bizantini rinvenuti nel corso dei lavori di restauro del Palazzo Marchesale. Sono reperti che anticipano di qualche secolo la costruzione del Castello normanno, fatto erigere, con molta probabilità, da Tommaso da Frassineto, primo signore di Turi.

Dell'antico Castello normanno, risalente al XII secolo, restano in piedi due torri e un paramento murario con due monofore. Il Castello, ampliato dai Moles nel corso del Cinquecento, è oggi inglobato nell'attuale Palazzo Marchesale fatto costruire nel corso Settecento dai Venusio, che lo trasformarono nel sontuoso palazzo riportato all'antico splendore, a seguito dei recenti restauri.

Età contemporanea

Turi è nota anche per essere stata luogo di reclusione, nel carcere cittadino, di due personalità illustri dell'antifascismo: dal 1928 al 1933 Antonio Gramsci, che vi scrisse i Quaderni del carcere e le Lettere dal carcere, e dal 1930 al 1932 Sandro Pertini. Molti anni dopo, nel 1993 dal carcere evase il boss della Sacra Corona Unita Francesco Leone.

Tratto da: wiki.wikimedia.it
 

 

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